Neonato: a pancia in su o pancia in giù?

RELAZIONE TRA POSTURE CHE OFFRIAMO NOI E MOVIMENTO SPONTANEO DEL NEONATO

Terzo articolo della Rubrica “Mi muovo e imparo

Marta Favaro – neuropsicomotricista dell’età evolutiva, mamma
Rachele Nicolucci – insegnante di lettere, mediatrice Feuerstein, mamma

A proposito della posizione consigliata dall’OMS per il neonato in questo periodo (a pancia in su), per prevenire la SIDS, ci sono delle considerazioni importanti da fare. Mi baso sulla mia personale esperienza sia formativa che di lavoro diretto con le famiglie dei neonati.

Posto che non intendo mettere in discussione le disposizioni sulla posizione supina, che hanno sicuramente fondamenti scientifici alla base, vorrei fare una riflessione su come questa indicazione viene colta e gestita dai neogenitori: come unica possibilità di posizionare il neonato, in alternativa alle prese in braccio.

Ora: il neonato non è in grado nei primi mesi di vita, di variare la sua posizione volontariamente, quindi la sua esperienza posturale è completamente nelle mani dei genitori. Questo vale mediamente per i primi tre o quattro mesi di vita. Prima di iniziare il movimento volontario, sappiamo che il bambino presenta una gamma di movimenti molto ampia e complessa (ricordate? Riflessi, reazioni posturali, movimento spontaneo generalizzato o GMS) che ha ragion d’essere non solo per dirci come sta dal punto di vista neurologico, ma anche per la sua sopravvivenza, per rispondere ai vari stimoli che riceve, per la raccolta di informazioni dall’ambiente (sia interno che esterno).

È quindi consigliabile offrire durante il giorno al bambino tutte le opportunità di posizione che il corpo ha: prono, supino, in decubito laterale che significa stare un po’ a pancia in su, stare un po’ a pancia in giù, un po’ sul fianco destro e un po’ sul fianco sinistro. Iniziare questa pratica dopo uno o due mesi dalla nascita, provoca al bambino un disorientamento e un disagio dovuti alla mancata esperienza, che lo fa arrabbiare e piangere. Il genitore non deve far piangere il bambino per abituarlo ad una posizione che non gli ha mai offerto, ma abituarlo sin da subito a sentire l’appoggio del suo corpo in ogni sua parte per trarne beneficio. La regola che spesso sentiamo: “non mettere il bambino in posizioni che lui non è in grado di raggiungere in modo autonomo” è fondamentale per la gestione del movimento del bambino, ma….. a partire da quale posizione?

Se il neonato viene posizionato sul ventre della madre, appena venuto alla luce, è in grado, grazie al bagaglio di riflessologia primaria che abbiamo tutti alla nascita, di raggiungere autonomamente il seno e quindi il capezzolo della mamma per avviare nel modo più naturale possibile l’allattamento.  Sì, la marcia automatica o stepping, il riflesso di prensione ai piedi o Babinski, il riflesso di prensione alle mani o grasping, il riflesso antisoffocamento o Smith-Axoy e altri… sono tutti incredibilmente fusi insieme e coordinati perfettamente in un movimento straordinario che permette l’inizio della vita di nutrimento (a tutti i livelli). Vi invito quindi ad osservare quale sia in questa fase la naturale posizione del neonato oltre che a praticare questa opportunità che la natura ci ha generosamente donato, per tutta la fase di riflessologia primaria (i primi due mesi di vita).

Marta Favaro


Ricordo che, quando è nato il mio primo bambino, Samuele, non ero troppo preoccupata dalla gestione quotidiana del neonato in sé, né di aver mai avuto timore di prenderlo in braccio. Sono la maggiore di sette creature: ho sempre visto neonati in casa, questi aspetti pratici di certo non mi spaventavano!
Quattro anni dopo, forti del percorso maturato insieme a Samuele, abbiamo accolto il nostro secondo bambino, Gabriele, con una consapevolezza maggiore. Avevamo intanto potuto scoprire delle meravigliose opportunità di informazione relativa allo sviluppo neuromotorio del neonato, dietro cui si cela un mondo che mi pare affascinante e complesso al tempo stesso.

Quali sono stati gli elementi principali che noi abbiamo cercato di tenere a mente per il benessere del bambino?

1. La posizione più naturale per un neonato, tanto più per un bimbo non ancora in grado di esprimere movimenti volontari (parliamo infatti di neonati di 6-8 settimane) è quella orizzontale: altrimenti un bimbo a quell’età non sarebbe in grado di stare. In braccio lo tenevamo per lo più in posizione orizzontale. Tenerlo in posizione verticale, durante le prime settimane di vita, non mi dava inoltre una sensazione di sicurezza e il bambino stesso, in quelle primissime 6-8 settimane, con il suo stare ancora in posizione fetale, “rannicchiato”, pareva reclamare il bisogno di sentirsi “cullato”, avvolto tra le braccia proprio in posizione orizzontale.


2. C’erano due momenti di eccezione a questa presa in braccio in posizione orizzontale: ovvero il momento del ruttino, che generalmente è favorito dal tenerli in posizione verticale, e quelli in cui io avevo necessità e piacere di tenere i miei cuccioli in fascia.

3. Quando era possibile, come già anticipato nel precedente articolo di questa rubrica (Quali opportunità di movimento possiamo offrire a un neonato?), fin dalle prime settimane di vita, abbiamo adagiato il piccolo per terra in un ambiente confortevole, su un materasso adeguato, non troppo morbido cioè per evitare che il peso stesso del bambino lo facesse sprofondare sulla superficie, ostacolandone così i movimenti. In quelle circostanze, durante i suoi momenti di veglia, gli abbiamo dato l’opportunità di sperimentare tutte le posizioni orizzontali: sul fianco destro, sul fianco sinistro, a pancia in su e a pancia in giù.

Così facendo, ci siamo accorti che, ad esempio, mentre a Samuele non piaceva stare in posizione prona, a Gabriele, invece, non era gradita la posizione su un fianco in particolar modo.

Cosa abbiamo fatto dunque in questi casi?
Abbiamo provato, gradualmente e con estrema delicatezza, a abituarli a resistere sempre un po’ di più in queste posizioni non desiderate o non preferite, avendo, prima di tutto, cercato di capire il motivo per il quale i bambini manifestavano disagio: se si trattasse cioè di un problema di scomodità della posizione, di un momento di stanchezza, se il disaggio fosse dovuto alla percezione da parte del bambino di non sentirsi stabile, in equilibrio su quel preciso asse corporeo, se fosse per la sensazione di essere impacciati nei momenti o di una fatica di organizzazione dei movimenti o di ipotonia.
Quindi non abbiamo escluso a priori le posizioni che loro non gradivano: sicuramente senza insistere troppo e senza sforzarli eccessivamente, abbiamo continuato a proporre un po’ di tutto, sempre accompagnati dalla nostra amorevole presenza e fiducia in loro.

4. Cosa proporre in posizione orizzontale? Finché i bambini erano in braccio, durante quelle prime 6-8 settimane di vita era per lo più esclusivamente adagiati in posizione supina tra le nostre braccia, oppure abbarbicati in posizione prona su un nostro braccio: avete presente quando la loro testa è orientata verso l’esterno laterale del nostro corpo, la sua gambina, quella opposta al fianco che si adagia su di noi, sollevata mantenuta dalla mano dell’adulto? Questa posizione, che ci ha insegnato la dottoressa Favaro, era utilissima per favorire la fuoriuscita di aria o delle feci.
Intanto noi ne approfittavamo per far sentire loro il suono della nostra voce, raccontando alcune cose, descrivendo le nostre azioni, chiacchierando con gli amici e parenti in visita, cucinando, scandendo lentamente ogni parola pronunciata. Ricordo che a volte mi è anche capitato di riuscire a addormentarli tenendoli sulle mie gambe, sdraiati in orizzontale: a pancia in su o a pancia in giù, come loro desideravano.
Era quello il momento di un buon caffè in divano per me!!!

Quando, invece, era possibile rilassarsi insieme sul tappetone a terra, ci dedicavamo del tempo così:

✔️ coccole per conoscerci meglio, per studiare reciprocamente i nostri volti, per guardarci e allenare gli occhietti a seguire la mamma; per guardare i movimenti della bocca, delle labbra e della lingua della mamma.

✔️ utilizzavamo qualche gioco sonoro o mettevamo in movimento qualche oggetto per provocare delle risposte nel bambino di piacere e di interesse.

✔️ Quando a pancia in giù, è possibile anche offrire ai piedini del bambino delle superfici diverse da toccare: qualche carta rumorosa, un peluche morbido, una palla più rigida.. qualcosa di freddo, qualcosa di caldo…

✔️ Quando il bambino si trova posizionato sul fianco, possiamo proporre la visione di qualche oggetto più ravvicinato così da stimolare in lui, progressivamente, l’organizzazione di come fare a raggiungere quell’oggetto.

✔️ Quando a pancia in giù, in queste primissime settimane di vita, è bene assicurarsi che la testa del piccolo stia rivolta un po’ verso destra e un po’ verso sinistra, facendo in modo che anche questi momenti diventino piacevoli e interessanti per il piccolo. … Gabriele, in realtà, a pancia in giù si rilassava e, facendogli dei massaggi leggeri sulla schiena… si addormentava!

✔️ Ogni posizione, soprattutto quella supina, era infatti per me un’occasione buona per giocare con loro, esplorando delicatamente i piedini, le manine, la pancia, le gambe, le braccia: massaggi, solletico, carezze prolungate lungo gli assi del corpo (dall’altro verso il basso e viceversa, da destra verso sinistra e viceversa), anche se abbinati a canzoni e filastrocche, sono tutte ottime modalità per approcciarsi ai neonati, che scopriranno il mondo esterno proprio a partire dalla conoscenza del proprio corpo e di quello di mamma e papà.

Rachele Nicolucci
Mi occupo di apprendimento, dei processi cognitivi dell’apprendere e di metacognizione, a servizio soprattutto di chi non si basta da solo cognitivamente.
Lo faccio in ottica neuropedagogica e della pedagogia della mediazione del dott. Feuerstein.

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