Addormentare

Settimo articolo della Rubrica “Apprendere dai Bambini

Con la nascita della nostra bambina ho capito fin da subito che il tema del sonno è una questione centrale e molto complessa da affrontare. L’addormentamento del bambino è un qualcosa di estremamente soggettivo, ci sono bambini che da subito dormono regolarmente, altri che dormono pochissimo, ma di certo questo è uno dei primi momenti in cui il bambino e la madre sperimentano una distanza. L’ansia da separazione è una difesa naturale e funzionale che coinvolge non solo il bambino che ricerca la prossimità del genitore, ma anche la madre, che, quando è separata dal suo piccolo, avverte una sorta di stato angoscioso che la porta ad avvicinarsi, a controllarlo e ad osservare che stia bene. Inoltre, il sonno, comporta non solo la separazione da persone, ma anche da oggetti, opportunità di riunione, di gioco e di scoperta.  Quindi per un bambino molto attivo e curioso può essere difficile abbandonarsi al sonno perché ciò comporta l’interruzione di attività per lui molto stimolanti. 

In questi mesi da mamma ho iniziato a pensare a quanto possano avere in comune il processo di addormentamento di un bambino e il momento in cui nel mio lavoro da psicoterapeuta si conclude un percorso di terapia con un paziente. Anche in questi casi possono sorgere dubbi, angosce e difficoltà dal momento che si deve elaborare una vera e propria separazione; per fare questo ci vuole molto tempo, pazienza  e gradualità, perché i tempi e le esperienze di ciascuno di noi sono molto differenti.

La mia bambina mi sta insegnando che non esistono soluzioni “magiche” o misteriose “routine” del sonno per dormire bene, ma che quello che conta è il rispetto. Il rispetto dei tempi soggettivi di ciascuno di noi nel fare qualcosa, nel superare angosce, nell’imparare, nel crescere e nel separarsi bene.

La capacità di addormentarsi in autonomia rappresenta una vera e propria conquista per un bambino, perché all’inizio la dipendenza dai genitori è totale. I bambini devono imparare gradualmente che allontanarsi per un po’ (addormentarsi) non significa perdersi e non ritrovare al risveglio tutto al proprio posto, genitori e giochi compresi. Devono imparare ad avere fiducia in mamma e papà ,ma anche in se stessi.

Dott.ssa Guarnera


Questo dell’addormentare è un argomento spesso delicato e sicuramente molto soggettivo. Ho sempre rifiutato di seguire al riguardo protocolli, ricette magiche e suggerimenti vari (magari nemmeno richiesti) a proposito di come/quando/perché/per quanto/… addormentare i miei bambini.
Perché ho sempre preferito fare a modo nostro. Cioè mio e loro. Infatti l’obiettivo è trovare una modalità tramite cui rispondere, in modo adeguato e rispettoso, alle esigenze e bisogni loro e anche miei. Deve andare bene a noi. Prima di tutto devo essere serena io mamma, rispetto una certa situazione, perché lo siano anche i miei cuccioli, che guardano ancora molto a me per regolarsi e orientarsi.

Sintesi della nostra esperienza.

Due maschi.
Due modi diversi di approcciarsi al sonno.
Due bambini che, pur cresciuti nello stesso ambiente (stessi genitori, stessa casa, situazioni simili), hanno elaborato le opportunità in modo diverso.

Entrambi ad alto contatto ed entrambi bambini sereni e collaborativi. Ciascuno secondo la propria indole.

Uno, più dell’altro, ad altissimo contatto: lo metto in fascia e crolla dopo dieci minuti. Pur sentendomi parlare, pur se, intanto, mando audio alle amiche; anche se stiro, se passo l’aspirapolvere, se canto, se rido, se mi muovo o ballo.
Nulla: lo metto in fascia e lui dorme. È così da sempre.

L’altro: la fascia a condizione che non sia già occupata dal fratello. Quindi molte volte si addormenta guardando l’orizzonte, in passeggino, sentendosi dondolare e contenuto all’interno della “casetta” del passeggino. Deve sentirmi parlare. Ma non cantare. Se canto: lui canta o resta sveglio. Se mando un audio alle mie amiche, crolla in poco tempo.
Ma ciò che ama di più è addormentarsi a letto insieme. Oppure allattato e in relax, lasciandosi andare lentamente. Oppure in divano insieme a raccontarci una storia abbracciati.

Uno: abitudinario, sempre dormito benone di notte, pur allattato a richiesta, e che, se stanco, riesce anche da solo a lasciarsi andare per dormire. In lui l’esigenza di dormire è, infatti, la priorità rispetto a quella del mangiare.

L’altro: nessuna routine resiste per troppo tempo. Nulla è troppo prevedibile. Di notte? Lui dorme bene, di filato, fino alle 2/3 di notte, e poi è un risvegliarsi continuo. La sua priorità non è certo dormire: lui ha una vita da vivere! Alterna momenti in cui è capace di autoregolarsi chiedendo lui stesso di andare a letto, ad altri in cui interrompere e salutare altre persone/giochi/attività diventa più complesso.

Devo dire che Samuele e Gabriele hanno sicuramente ricevuto input diversi perché, ad esempio, io ho dovuto pormi nei loro confronti in modo diverso, naturalmente: uno è arrivato come primo figlio e io, madre per la prima volta, potevo/volevo dedicarmi a lui in modo totale. L’altro arrivato per secondo: da sempre in casa c’è anche un altro bambino oltre lui e io, sebbene sia una madre più esperta, devo e voglio pensare a due bambini. Contemporaneamente. Orientando (e non dividendo)le mie energie e attenzioni in entrambe le direzioni. Quindi ho senza dubbio potuto offrire a ciascuno di loro possibilità di addormentamento diverse. Soprattutto quando, da sola, sono in due a doversi addormentare, in sincrono. Naturalmente.
Opportunità né migliori, né peggiori. Diverse.

È uguale il fatto che io mamma ( io insegnante, io educatore) dia a entrambi, naturalmente, il massimo che posso e che ho potuto, ma è diverso ciò che è importante per ciascuno di loro e che io devo sforzarmi di dare compatibilmente con la situazione presente.

Sono, inoltre, bambini dal temperamento diverso. Investono le loro energie in modo diverso. Hanno caratteri diversi. E priorità diverse. Sebbene entrambi amino addormentarsi con la vicinanza della mamma serena e tranquilla.

Io mamma, cosa sto apprendendo dai miei bambini in questo contesto?

Che dormire è prima di tutto una questione di benessere e di salute. Anche per me adulto. E soprattutto per uno dei due miei bambini. C’è bisogno di dormire per recuperare energie, per poter affrontare con lucidità e forza il tempo successivo.

Ma che anche ai bambini dormire, interrompere le proprie attività, può non piacere e, a volte, spaventare.

Che allora è importante dedicare del tempo e delle attenzioni per insegnare che si può lasciare andare, interrompere un gioco per poi riprenderlo dopo il riposino. Trovando anche escamotage per rendere la separazione più serena.

Le buone abitudini prima della nanna

E tutto questo vale, per noi, anche quando bisogna interrompere una certa bella attività perché è giunto il tempo di tornare a casa per esempio, o di salutare un amico che ci lascia, di lasciare il parco per andare a pranzo, salutare le montagne, la neve, il mare, ecc… Imparare a lasciare andare per un arrivederci.


Sopratutto che bisogna insegnare ai bambini a sapersi ascoltare, accogliendo le proprie esigenze: sei stanco? Ti senti stanco? La tua testa è stanca? Come stanno i tuoi occhi? Come potremmo fare per non essere più stanchi? Come facciamo per calmarci?
Un bambino piccolo può comprendere cosa desidera ma può essere per lui più faticoso sapere di cosa ha bisogno. In molti contesti e momenti. Per questo è importante accompagnarli a sapersi ascoltare e rispettare, divenendo più consapevoli di sé e perciò più autonomi.

J. Juul, “Il bambino è competente”

Che dormire è anche questione di fiducia e di sicurezza: è importante per i miei bambini (e lo è anche per me nei loro confronti) che io dica loro la verità. Dicendola in modo comprensibile a loro: semplice ma onesto.
Tanto più in situazioni dolorose.
Situazioni del genere, per noi, sono state, ad es., quelle quando Samuele è stato ricoverato pochi giorni prima della nascita di Gabriele e poi, una seconda volta, ancora ricoverato quanto Gabriele aveva un paio di mesi. È stato difficilissimo ma ho dovuto lasciarlo da solo in ospedale, pieno di tubi e tubetti, per la notte con il papà. Non era solo. Era con il suo amato papà. Ero sola io. Lui era cosciente, spaventato, preoccupato. Doveva dormire in ospedale e senza la mamma accanto. Ma la verità dovevo dirgliela. E lo abbiamo fatto tra mille video-telefonate, racconti di storie e espressioni di amore.

La verità gliela devo dire anche quando loro avranno sonno e io non ci sarò perché farò, intanto, qualcosa per me: una festa, una serata tra amiche, la mia serata libera.

Sai perché preferisco essere sincera sempre con loro? Perché “la verità rende liberi”. È realtà concreta o comprensibile, sperimentabile. E questo ci aiuta ad affrontare le situazioni nel migliore dei modi possibili: aiuta me a essere più serena e loro a orientarsi con fiducia e sicurezza nella vita.

Cosi, quando ogni giorno mi occupo da sola del loro riposo post pranzo, concordiamo come organizzarci: generalmente hanno delle preferenze specifiche, che diventano routine, facili da prevedere le volte successive. A volte però, complice qualche novità, qualche imprevisto, qualche orario differente, il cambio di stagione, uno scatto di crescita, una mia giornata nera, ecc ecc… la routine per dormire si spezza.


Un bel respiro. Tanta mediazione, tanta creatività e un grande esercizio di accoglienza e di pazienza: concordiamo un’altra soluzione buona per la nostra “squadra” e si riparte lungo i sentieri di un nuovo equilibrio a tre.

Siano lodate le tartarughe che ci permettono di apprezzare che nella normalità dell’ecosistema Natura ciascuno ha un proprio ritmo di Vita e velocità per viverla.


Che questa storia dell’addormentare sia anche un allenamento per mamma e “cuccioli”, per quando loro diventeranno grandi e nel loro realizzare qualcosa DI grande dovranno spiccare il volo dal nido?
Penso di sì.
E allora, nonostante la fatica delle giornate in zona rossa, nonostante sia difficile fare del mio meglio per entrambi e contemporaneamente, me li godo al meglio che posso.
Parola d’ordine: godere della loro presenza.


Certamente tra poco tempo, quando avranno imparato a cavarsela da soli, non avranno più bisogno di me nemmeno per addormentarsi.
La Vita va avanti certo; probabilmente avrò io stessa altre priorità che non quella di addormentarli.
E allora voglio fare in modo che quando, un giorno, qualcosa altro prenderà, in loro, il tempo e lo spazio di questo attuale desiderio e bisogno di mamma, io, guardando indietro, non abbia alcun rimpianto perché ci siamo dati il tempo perfino per lasciarci andare per le strade del mondo, sapendo che ritrovarsi sarà sempre bello e importante.

Rachele Nicolucci
Mi occupo di apprendimento, dei processi cognitivi dell’apprendere e di metacognizione, a servizio soprattutto di chi non si basta da solo cognitivamente.
Lo faccio in ottica neuropedagogica e della pedagogia della mediazione del dott. Feuerstein.

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