
Sesto articolo della Rubrica “Mi muovo e imparo”
MARTA FAVARO – NEUROPSICOMOTRICISTA DELL’ETÀ EVOLUTIVA, MAMMA.
RACHELE NICOLUCCI – INSEGNANTE DI LETTERE, MEDIATRICE FEUERSTEIN, MAMMA.
DESIDERIO-SENSAZIONE-EMOZIONE-AZIONE-DESIDERIO-EMOZIONE-AZIONE-SENSAZIONE E AVANTI ALL’INFINITO…..OBIETTIVO?
Nasce prima l’uovo o la gallina?
Se pensiamo al percorso neuro e psicomotorio del primo anno di vita come qualcosa di innato nel bambino, naturalmente stabilito dalla nostra specie, ci chiediamo perché non tutti i bambini arrivano alla conquista di alcuni passaggi definiti “obbligatori” dai professionisti del settore, raggiungendo comunque presto o tardi l’obiettivo motorio che più ci caratterizza: la stazione eretta e lo spostamento su due zampe.
Sappiamo che ad ogni singola conquista, passaggio o competenza di questo periodo, il bambino costruisce presupposti e prerequisiti per il passaggio successivo e che quando salta alcuni di questi step gli vengono a mancare gli strumenti necessari per controllare e gestire autonomamente, naturalmente e con semplicità, le varie tappe dello sviluppo che si susseguono nel tipico ordine stabilito dalla natura.
Quindi non è così scontato che tutti i bambini raggiungano ogni singolo step dello sviluppo neuro e psicomotorio del primo anno di vita…. Ma da cosa dipende? Dalla storia di ognuno? Dalla presenza di sindromi o particolari condizioni fisiologiche?
La risposta è NO.
Dipende da come noi genitori stiamo di fronte al nostro bambino, dallo sguardo che abbiamo su di lui, più o meno fiducioso nei confronti delle sue potenzialità…. Che in questo periodo sono enormi, indipendentemente dalla storia di ognuno.
Quindi?
Quindi a partire da ciò, documentandoci adeguatamente sul percorso naturale e tipico della nostra specie, rimbocchiamoci le maniche e offriamo ai bambini più occasioni possibili di esperienze attraverso il corpo, sin dai primi giorni di vita, nella terra e nell’acqua, proponendo stimoli che generino sensazioni piacevoli nel corpo.
Il corpo: ciò che ci mette in comunicazione con il mondo esterno e contemporaneamente con il nostro mondo interiore. Dall’esterno prendiamo informazioni che generano sensazioni (sistema somatosensoriale), che accendono connessioni nel cervello, che vengono registrate memorizzate ed elaborate come buone (se l’esperienza è accompagnata da emozioni positive). Ecco che la memoria di un’esperienza piacevole genera il desiderio di ripeterla, tante e tante volte. Desiderio che nasce dal ricordo, che nasce a sua volta da un’azione, che nasce dal desiderio.
Difficile individuare l’origine di tutto ciò, ma possiamo dire che in questo modo il bambino impara ad avere fiducia nella realtà, nelle persone che si prendono cura di lui, offrendogli inizialmente tutta l’attenzione e cura possibile, successivamente la disponibilità di uno spazio sempre più grande di azione AUTONOMA (che non significa di solitudine, ma di libero arbitrio).
I bambini hanno bisogno assoluto di spazio e movimento, di motivazione e desiderio di conoscere sia il proprio ambiente che le proprie capacità in relazione ad esso. A questo punto, quando faremo fatica a capire da dove parte tutta la meraviglia che potremo osservare, se dal desiderio, se dall’azione stessa, se dall’emozione, se da una sensazione, se dalla natura intrinseca del bambino, vorrà dire che siamo sulla strada giusta e che il nostro bambino sta crescendo davvero bene, mettendo tutte le basi per il suo futuro percorso di sviluppo.
Il meraviglioso contributo della dottoressa Favaro, di cui sopra, sintetizza e rispecchia perfettamente l’approccio che io e mio marito abbiamo maturato nei confronti dei nostri bambini, proprio a partire dal sostegno e lavoro che la dottoressa ha svolto con Samuele.
Sei anni fa, quando Samuele aveva circa cinque mesi, sono arrivata da lei avendo nel cuore e nella mente il dilemma cui accenna lei stessa: ma il mio bambino, che ha la sindrome di Down, quale sviluppo neuro e psicomotorio seguirà? E quali sono le tappe che caratterizzano lo sviluppo degli altri bambini? E lui ce la farà? Potrà gattonare? Quanto dovrò aspettare per vederlo camminare? E poi? E dopo?
Le mie giornate erano troppo occupate da domande, dubbi, paure.
Un passo alla volta, anche con il prezioso contributo della dott.ssa Favaro, che ha sempre creduto nel potenziale di Samuele, le domande martellanti hanno ceduto spazio a un nuovo atteggiamento: la nostra ricerca di soluzioni. La ricerca di esperienze tramite cui sollecitare e stimolare il nostro bambino e tramite cui far emergere talenti e abilità non ancora emerse.
Certo, bene osservare le fatiche del proprio bambino, corretto monitorarle e magari anche farle valutare… ma… ma questo non risolve il problema. Restare bloccati al problema non aiuta a trovare un modo per farcela:

E così è maturato il nostro approccio di successo, critico nei confronti del ”si è sempre fatto così”: in-formarsi e poi personalizzare le proposte nel tentativo di trovare il modo piu adeguato per rispondere alle esigenze formative dei nostri bambini. Di entrambi, perché questa non è una questione di cromosomi, ma di approccio all’apprendere.
Lo psicologo svizzero Piaget ha elaborato la teoria degli stadi di sviluppo del pensiero del Bambino: il primo e fondamentale stadio è proprio quello senso motorio. La nostra capacità infatti di rappresentazioni mentali, di elaborazione di immagini mentali, di un pensiero evoluto, ipotetico, deduttivo, di problem solving, di pensiero creativo, poggia sulle esperienze senso motorie, realmente e personalmente sperimentate, quelle vissute con il coinvolgimento dei nostri sensi e/o del movimento del corpo.



Perciò soprattutto se siamo abbastanza certi che il nostro bambino vivrà delle fatiche cognitive, dei “rallentamenti” di percorso, è necessario investire tempo e energie nella esperienza senso motoria. A tutte le età. E ogni volta che è possibile. Tutte le volte che vogliamo insegnare qualcosa di nuovo.
Lo sguardo che regaliamo ai nostri figli e alunni dice loro molto dell’idea che noi abbiamo di loro.
E questo vale sempre: dal giorno della nascita in avanti. Per sempre.
Perciò fin dalle prime esperienze di apprendimento di vita, che sono quelle che passano necessariamente, per via cioè naturale, attraverso l’esperienza corporea, pre-occupiamoci solo di una cosa: di renderle piacevoli, in termini di benessere, per il Bambino, affinché lui possa desiderare di sperimentarsi e cimentarsi ancora, e poi ancora, consolidando la buona risposta all’ambiente che ha vissuto (soprattutto se lo schema di risposta è stato trovato casualmente).
E così pure negli anni successivi al primo: pre-occupiamoci sia di incorniciare le esperienze di apprendimento dentro un significato emotivo positivo ma anche di proporre occasioni di apprendimento, per approcciarsi al reale e alla realtà, attraverso il canale senso motorio, che Piaget (e molti altri dopo di lui) ha ritenuto fondamentale per lo sviluppo delle successive modalità di elaborazione del reale.

Rachele Nicolucci
Autrice, fondatrice e coordinatrice di “Sindrome da Apprendimento”
Expert Teacher in organizzazione scolastica – Mi occupo di processi cognitivi dell’apprendere e metacognizione, con un approccio neuropedagogico e della pedagogia della mediazione Feuerstein.