Uno sguardo indietro: come siamo passati dalla sindrome di Down a Sindrome da Apprendimento

Perché Sindrome da Apprendimento

Sotto una probabile influenza dantesca, rivolgendo il mio sguardo indietro, lungo il mio cammino fin qua, ho l’impressione di essere uscita da un bosco fitto, intenso, profumato, che ora è baciato dai colori del tramonto. Ne colgo la sua maestosità e non posso che ringraziare la Vita per le gioie e per le fatiche che ho potuto, dovuto, vivere per arrivare alla distesa verdeggiante su cui oggi mi trovo.

Tutto riprende vita, ovvero ricomincio a respirare davvero, nel marzo 2009 quando arriva la laurea magistrale a pieni voti proprio fintanto che mi curo da un linfoma.

Subito dopo intraprendo l’avventura come insegnante di scuola secondaria di primo grado e pian piano mi addentro in un mondo complesso, fatto anche di burocrazia e indicazioni ma magistralmente intessuto di relazioni tra adulti, colleghi belli, e con preadolescenti…

Percepisco che è la mia strada, la mia vocazione professionale. In fondo io quel mondo lo avevo sempre sognato: fin da bambina proponevo con entusiasmo ai miei fratelli di “giocare alle maestre”! Davanti ai loro occhi, per la prima volta, vivevo l’emozione di poter esprimere, liberamente, un mio pensiero riguardo a qualcosa in cui mi sentivo più o meno competente.

Nel tentativo di riuscire a convivere pacificamente con una mia prima cagnolina molto intensa, mi iscrivo nel 2010 a un corso per educatori cinofili del “Gentle Team” di Alexa Capra, e così per la prima volta faccio esperienza di modificabilità comportamentale…

A questo punto decido di frequentare un secondo corso di laurea, quello di “Scienze dell’educazione”. Inizio subito a seguire con passione i corsi accademici relativi a argomenti che stuzzicano particolarmente il mio interesse: pedagogia, pedagogia speciale, psicologia dello sviluppo, didattica, didattica speciale… Sento parlare per la prima volta della prof.ssa Lucangeli, che, tra una parola ed un’altra, è riuscita a essere per me, negli anni e seppur a distanza, “differenziale di sviluppo” emotivo e cognitivo.

2014: nasce Samuele e in me si avvia un RESET totale.

Samuele nasce con un cromosoma 21 in più, quello che determina la trisomia 21, condizione genetica più comunemente conosciuta come sindrome di Down (il dott. Down è il medico che ne ha individuato per primo alcuni caratteri principali). Sindrome che conoscevo già, come sorella di Luca.

Ricomincio da lui.
Io e mio marito, Alessandro, ricominciamo da lui, con lui e per lui.
..

Non è facile essere genitori. Non esistono libretti di istruzione e mai nessun corso o libro potrà prepararti davvero a affrontare questo percorso di Vita, e i figli non siamo solo ciò che i genitori hanno sognato su di noi e per noi. (Attenzione: formarsi e leggere è sempre la cosa migliore che si possa però fare davanti alle difficoltà, che dipendono molto dallo sguardo con cui le affrontiamo…). Mi sento di dire però che, quando intervengono anche condizioni (e sono tante!) che determinano le fatiche del neurosviluppo, il gioco allora si fa realmente più duro.

Due anni dopo la nascita di Samuele succede qualcosa di importante nella mia storia professionale, che si intreccia fortemente con quella personale. Un giorno di dicembre 2016, in occasione di una certa esperienza di valutazione da parte di una èquipe padovana del piccolissimo Samuele, esperienza quasi totalmente inutile (se non per attivare le procedure burocratiche richieste dalla Scuola) e per lo più pesantissima anche per i bambini, vengo informata da una logopedista che esiste un corso che propone un metodo di potenziamento cognitivo.
La sfumatura bizzarra della faccenda che voglio proprio sottolinerare è il fatto che questa logopedista decise di darmi questa preziosa informazione semplicemente per avermi ritenuta all’altezza della situazione… cioè: se non mi avesse ritenuta “capace”, non me lo avrebbe proposto???? E sulla base di cosa un genitore viene valutato, su due piedi, meritevole o no di informazioni?

Mi sono sempre chiesta perché, invece, non a tutti i genitori venga riconosciuto il diritto a essere informati comunque, a prescindere da ogni variabile, informati di ogni possibilità formazione e aggiornamento, semplicemente in nome della nostra sacrosanta responsabilità genitoriale… Quanto sarebbe migliore il mondo!

Gradualmente, il nostro motore riparte a pieno regime: cominciamo a pensare di avere realmente la possibilità di offrire a questa creatura una traiettoria di apprendimento e di sviluppo complessivo migliore di quella che avevo potuto immaginare!!!

Io quella sindrome avevo avuto modo di conoscerla davvero: era la stessa che aveva caratterizzato il mio amato fratello Luca, che ci ha lasciati troppo prematuramente. Di certo io non avevo mai desiderato la trisomia 21 per mio figlio e, se potessi, farei di tutto per risparmiare a Samuele le fatiche e rischi che la sindrome di Down comporta. Ma, realisticamente parlando, non è possibile e oggi ho imparato a fare del mio meglio per aiutarlo a convivere con le sue fragilità e a dialogare con questo (cacchio di) cromosoma di troppo. Lo dico spesso: più che combattere questo cromosoma, più che maledirlo e ripudiarlo, sto preferendo conoscerlo e dialogarci. E è più profittevole insegnare a Samuele a fare lo stesso.

A scuola intanto, nei panni di insegnante di lettere, mi accingo a formulare un progetto di metacognizione, “Studio con metodo”, che cresce, strutturandosi negli anni, e che nel 2018 ho l’onore di presentare a Roma in occasione della XI Giornata pedagogica della scuola cattolica, dal titolo La scuola della personalizzazione, evento promosso dal Centro Studi Scuola Cattolica della CEI.

Il mio interesse per la metacognizione negli anni si intensifica e concretizza e specializza attraverso molti e di diversi percorsi formativi e accademici.

Da sempre amo informarmi, leggere, studiare, formarmi, confrontarmi e raccogliere narrazioni, così da ricostruire e rielaborare il tutto in un mio personalissimo puzzle: non mi appartiene uno stile “copia e incolla”, la mia mente elabora, non applica nulla come da “protocollo”. Io amo elaborare a modo mio, a modo nostro (mio e di chi sta in relazione con me), le informazioni che ricevo dai vari corsi di formazione e accademici e dalle mie esperienze personali e professionali: questo è apprendimento.

Chi mi avvicina lo sa: non applico nessun metodo o metodologia e mi rifiuto di farlo.

Amo lavorare seguendo i sacri principi della personalizzazione e per questo non mi basta nessun metodo o metodologia, seguo solo il mio Bambino, è lui maestro (cit. Montessori).

La nascita di Samuele così come più recentemente quella di Gabriele mi hanno spinta a ampliare i miei orizzonti: a pensare ed avere il coraggio delle mie idee.

Oggi vado al di là delle etichette e dei protocolli già preconfezionati.

Quel cromosoma in più del mio Bambino sta quasi divenendo condizione per me per poter essere più me stessa: come dire cioè che lo sto vivendo come occasione per permettermi di vivere, al massimo delle mie possibilità, il mio stesso essere in questo mondo, oggi.

Io e i miei bambini, estate 2021

E allora, guardando questo bellissimo bambino, per quanto sia chiaro che in lui c’è realmente quel cromosoma in più, non di certo sperato per lui, per quanto sia evidente che tutti i giorni lui, e noi con lui, deve confrontarsi con quel cromosoma in più che in qualche modo lo fa faticare di più, … nonostante tutto io e il suo papà adorato non vediamo più, finalmente, tutti gli stereotipi legati culturalmente alla ignoranza/credenze relative alla sindrome del signor Down, che hanno abitato anche in noi per diverso tempo.

Adesso questi stereotipi non ci influenzano più, non hanno più potere nel rapporto tra noi e lui. Vediamo Samuele.

Scorgiamo in Samuele una creatura vivace, delicata e gentile, curiosa, intraprendente e bilanciata da una gran dose di pudore, capace di osservazione e di memoria, intelligente, amante dell’acqua e degli animali, interessato a capire il funzionamento del corpo umano, che sta imparando a leggere, scrivere, far di conto e a andare in bicicletta, pienamente consapevole del proprio ruolo di fratello maggiore, che legge con passione miliardi di libri, che racconta delle sue esperienze… e che si prende cura del fratellino minore, con cui litiga, fa le lotte, piange, gioca, studia … cresce!

E allora Samuele non è più il bambino con sindrome di Down.
Samuele è semplicemente un gran bel bambino, che ha grande passione per le cose che ama e per chi lo rispetta.

Un bambino che ama imparare e che deve poter accedere, con dignità, a qualsiasi opportunità questo mondo abbia da offrire per qualunque altra sua creatura.

Un bambino che manifesta i tratti e i sintomi tipici di una specifica “sindrome”, quella dell’apprendimento!!!

Ecco perché il nostro progetto di informazione e divulgazione culturale si chiama “Sindrome da Apprendimento”: desideriamo accostare cioè il concetto di sindrome, generalmente associato a qualcosa di non positivo, a quello dell’apprendere e dell’apprendimento, che è quanto di più mutevole e in divenire esista; desideriamo favorire l’accostamento sindrome di Down – apprendimento, evoluzione, possibilità, felicità.

Oggi mi occupo di processi cognitivi dell’apprendere e sono qua per testimoniare che anche i bambini con la sindrome di Down possono imparare. Imparare a leggere, a scrivere, a far di conto, possono praticare sport (e non necessariamente solo con altri bambini che vivono la stessa o altre condizioni di fatica cognitiva) e a compiere tutta una serie di prassi quotidiane attraverso cui fare esperienza di indipendenza e autonomia. Oggi, nel presente, per allenarsi e prepararsi al proprio futuro, al proprio domani.

Certo, non avrei desiderato questa condizione genetica per mio figlio e sicuramente, se fosse possibile, accetterei di liberarlo da questo cromosoma in più: ogni giorno lui, e noi con lui, si misura con le fatiche cognitive che la sindrome di Down (maiuscolo Down perché è il nome del medico, ricordi?) comporta, e la sua salute è messa più a rischio di quella di un coetaneo senza sindrome di Down.

Questo blog esiste per condividere come nutriamo la sindrome di apprendimento di Samuele, per condividere buone esperienze di apprendimento che viviamo e proponiamo, per condividere come facciamo del nostro meglio per rendergli onore ogni giorno e metterlo nella condizione di imparare a dialogare consapevolmente con sé stesso, per diffondere buone informazioni rispetto la metacognizione e i processi cognitivi dell’apprendere (oggi mi occupo di questo e mai smetterò di ricercare e studiare), per dare conforto a altri genitori che, come noi, sono alle prese con le fatiche cognitive del proprio Bambino: sono sicura che insieme, solo insieme, possiamo innovare la didattica italiana e cambiare in meglio il modo in cui educhiamo e istruiamo i nostri figli.

Noi, dicembre 2019

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Expert Teacher, caregiver, sibling
Mi occupo di apprendimento, dei processi cognitivi dell’apprendere e di metacognizione, a servizio soprattutto di chi non si basta da solo cognitivamente.
Lo faccio in ottica neuropedagogica e della pedagogia della mediazione del dott. Feuerstein.

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1 commento su “Uno sguardo indietro: come siamo passati dalla sindrome di Down a Sindrome da Apprendimento”

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