Fidarsi. Un sottile gioco di equilibrio.


Nono articolo della Rubrica “Apprendere dai Bambini

Concludiamo il percorso offerto dalla Rubrica Apprendere dai Bambini con questo nono e ultimo verbo scelto con cura: fidarsi.

Siamo certe che l’esperienza di maternità e/o quella di contatto professionale con i Bambini possa offrire occasioni per sperimentare anche il fidarsi, che proietta noi adulti verso un orizzonte di senso complesso, universale, ma allo stesso tempo così tanto personale da richiedere una rielaborazione a modo proprio.

Vediamo un po’ di cosa può trattarsi…


Fidarsi, significa letteralmente avere fiducia in qualcuno.

Ma chi deve essere questo qualcuno?

La cultura tradizionale ci propone di fidarci spesso in maniera quasi cieca e incondizionata di chi si ritiene più esperto, più ingamba più formato su un determinato argomento o su un particolare settore.


Nel mio lavoro da psicoterapeuta, nel corso di tanti anni di studio e di lavoro con i pazienti mi sono molto allenata a fidarmi sempre di più delle mie sensazioni, delle emozioni scambiate con il paziente e dell’atmosfera circolante in seduta, al di là delle tecniche e delle dinamiche di lavoro tradizionali, proprio perché ogni situazione è sempre nuova, diversa e per questo richiede un ascolto attento e una risposta professionale ma anche creativa.


Con la nascita di nostra figlia ho scoperto che le proprie fragilità e insicurezze se non viste, se non accolte ci fanno cadere nel “tranello” del fidarsi dell’Altro (parente, specialista, amici, etc) piuttosto che di noi stessi del nostro istinto e dei bisogni espressi dai nostri figli.


I bambini ci insegnano proprio questo, a mettere in primo piano la soggettività e l’unicità di ogni singolo individuo e di ogni singola famiglia.


Fidarsi è importante, ma è altrettanto importante farlo con senso critico ed equilibrio, mantenendo sempre dentro di noi quella capacità di “mettere in discussione” che ci rende pronti ad ascoltare e cambiare programmi.

Annamaria Guarnera


Sono certa che non esista “mestiere” più difficile e complesso di quello del Genitore: non ci sono istruzioni, patentini, libretti né corsi che ti abilitino davvero a essere all’altezza di ciascun Figlio.

Per quanto ci si possa formare e/o informare, alcune “avventure” richiedono solo di essere vissute fino in fondo.

E a volte capita che solo sbagliando si comprenda poi come funziona la “faccenda”…

Da qualche anno sperimento, quotidianamente, quanto sia necessario e importante elaborare risposte appropriate alle esigenze personali dei miei figli. E quanto questo possa essere faticoso, per me genitore, in termini di energie e di risorse.

Così, pur trattandosi della medesima situazione/intenzione (es. togliere il pannolino), devo mettere in campo approcci e attenzioni specifiche per quel Bambino-Figlio, per la persona di Gabriele o di Samuele, per accogliere e rispondere proprio ai suoi bisogni e sostenere talenti e risorse che gli sono propri.


Ma quando parlo del fidarsi non faccio riferimento solo alla fiducia che l’adulto può nutrire in modo autentico nei confronti del proprio Bambino (ne parlavo in uno dei miei e primi articoli Fidarsi è bene. Fidarsi dei Bambini è meglio).

D’altra parte mi sembra che proprio questo approccio del fidarsi dei propri figli sia intrinsecamente legato a un’altra faccenda: alla fiducia che l’adulto genitore nutre nei propri confronti di genitore adulto.

Fidarsi di se stessi non è sempre facile: fidarsi di sé come individuo, come persona, come donna, come uomo, è complesso. Richiama ciò che è stato nella nostra storia, e allo stesso tempo traccia la direzione delle traiettorie future.


Fidarsi di se stessi come genitori che possono essere sufficientemente capaci, buoni, può essere ragionevolmente complicato e non istintivo. Ma si può apprendere anche questo dai Bambini, a partire dalle occasioni di crescita che un figlio ci offre: si può imparare a fidarsi di sé, delle proprie emozioni, delle proprie idee e bisogni. Così come dei suoi.

Quando sono diventata mamma per la prima volta ho avuto la sensazione di essere attratta da due “poli” completamente opposti (che poi nel mio caso erano anche esasperati dalla presenza di quel cromosoma 21 non atteso): da un lato percepivo la sensazione di non saperne abbastanza e quindi la necessità di essere supportata/istruita/educata/orientata da chi più esperto quasi fossi alla ricerca di chi potesse “aggiustare” il mio Bambino e me stessa; dall’altro nutrivo il desiderio di costruire un nostro profondo, autentico e personale stile genitoriale e di poter curare la relazione con il nostro Bambino a modo nostro, nel pieno rispetto mio e di papà Alessandro.

Troppo spesso però mi sono ritrovata davanti a certi adulti che ritengono inconciliabili questi due aspetti, quello cioè del richiedere il sostegno dell’intervento di un esperto e quello della fiducia che il genitore nutre in se stesso.
Queste sono esperienze comuni a moltissimi genitori, perché non riguardano solo le fatiche dell’apprendere.
Così, a molte madri, ad esempio, capita ancora di “andare a pezzi”, di vivere cioè un forte e intimo contrasto con se stesse, rispetto ad argomenti di cui la responsabilità della scelta dovrebbe essere tutta genitoriale, dopo avere ricevuto affermazioni/consigli/proposte da qualcuno che, a titolo personale o professionale, ritiene più esperto: il pediatra, una altra mamma, colleghe, nonne, insegnanti, educatori, specialisti vari… Quante informazioni ancora stereotipate e poco fruttuose circolano rispetto all’allattamento, al contatto fisico Genitori – Bambini, all’idea di educazione/rispetto/obbedienza … ?

Col passare del tempo ho capito che non può trattarsi di due aspetti inconciliabili tra di loro e nemmeno di due facce della stessa medaglia.

È una questione, invece, di equilibrio: un delicato equilibrio tra se stessi e gli altri. Dove tutti gli altri dovrebbero solo essere di supporto, e a sostegno della genitorialità attiva, informata, coinvolta, e tutti, genitori e esperti, a beneficio del bambino.

Certamente, in nome delle specificità personali e delle caratteristiche (anche genetiche) dei miei figli, dei loro bisogni formativi e delle loro attitudini, io e mio marito Alessandro decidiamo di rivolgerci a diversi esperti, che, chiamiamo in “squadra” con noi e che, lavorando con i bambini in modo diretto e/o indirettamente tramite noi genitori, ci aiutano a rispondere alle esigenze dei nostri figli. Ma questo non può influire sul nostro stile genitoriale né tanto meno sulla relazione che abbiamo con i nostri figli, né sulla fiducia che noi nutriamo nei nostri confronti di adulti, responsabili di questi due bambini.
Chiediamo sostegno e il loro intervento in nome delle loro competenze. Delegare sarebbe diverso e avrebbe risultati differenti.

Care mamme e cari papà,

quando affidiamo i bambini ad altri, esperti e competenti in qualche specificità di cui non sappiamo/vogliamo/possiamo occuparci in modo diretto, l’obiettivo resta sempre il bene del Bambino, la sua crescita e formazione.
E per raggiungerlo servono almeno questi due “ingredienti”:

a. Da un lato l’intervento di persone più competenti, esperte in quell’ambito specifico di riabilitazione o semplicemente di attività formative: logopedia, acquaticità, equitazione, psicomotricità, musica, ecc ecc…

b. Il consenso del genitore (che dunque richiede il nostro esserci in modo informato e consapevole).
La conoscenza del bambino.
E in questo nessuno può sostituirsi al genitore
, che sono un “per sempre” nella vita della creatura.

Fidarmi di me stessa come madre, fidarmi di noi come genitori, per noi sta significando avere il coraggio di essere noi stessi fino in fondo; sta significando anche riscoprire in modo maturo e equilibrato il coraggio delle nostre idee, che si traducono in precise scelte e opportunità di vita per noi e per i nostri figli.

Significa accogliere in libertà e con capacità benevolemente critica ogni consiglio ricevuto, ogni proposta metodologica, riabilitativa, formativa per poi impegnarci a scegliere, personalmente e in modo ragionato, tramite quale percorso e proposta rispondere alle esigenze dei nostri figli. E questo può avvenire in modo diretto, occupandocene noi qualora le nostre competenze lo permettano, o indiretto: ovvero richiedendo il sostegno di altri.

Significa anche imparare a esserci con consapevolezza, informandoci e, se necessario, formandoci per comprendere meglio cosa c’è oltre il nostro attuale orizzonte.
Significa imparare, ad esempio, che affidare un pezzetto di Samuele agli specialisti non corrisponde al delegare esclusivamente a loro il potenziamento di abilità e competenze di mio figlio: per creare apprendimento, per creare modificabilità cognitiva, può essere sufficiente fare logopedia (esempio) una o due volte a settimana e solo con una figura di riferimento? Noi preferiamo essere coinvolti, apprendere per primi, e essere educati a diventare ambiente di aiuto, ambiente capace di sostenere e orientare al meglio il loro potenziale.

E questo è uno dei tanti motivi per cui, anni fa, abbiamo scelto per esempio di proporre a Samuele, nonostante il parere contrario di alcuni esperti -che oggi hanno cambiato idea…-, il programma Baby Signs a Samuele per rafforzare le sue abilità comunicative e di pensiero.

Fidarmi di me stessa come madre per la nostra famiglia sta significando maturare, passo dopo passo, giorno dopo giorno, uno sguardo consapevole, di cui parliamo più specificamente durante il percorso on line per Genitori SOS 21: con attenzione guardo ai miei bambini, alle persone che sono oggi, tento, al meglio che posso, di cogliere le loro specificità e unicità, e di rispondere a queste necessità; apprendo da loro, e vivo nella relazione con loro tentando di superare me stessa, i miei stessi limiti e fragilità.

E in questo circolo virtuoso che si tesse, non senza qualche ostacolo e difficoltà, il loro benessere alimenta la mia energia, e la mia energia alimenta il loro benessere.

Non esiste il genitore perfetto.

E non esiste nemmeno il figlio perfetto.

Esistiamo noi con questi nostri figli.

Così, nel riscoprirci sufficientemente buoni per loro, troviamo la forza per rialzarci quando comprendiamo di aver sbagliato nei loro confronti.

E tu, hai fiducia in te stesso come genitore della creatura che la Vita ti ha affidato?

Rachele Nicolucci
Mi occupo di apprendimento, dei processi cognitivi dell’apprendere e di metacognizione, a servizio soprattutto di chi non si basta da solo cognitivamente.
Lo faccio in ottica neuropedagogica e della pedagogia della mediazione del dott. Feuerstein.

Novità formativa imperdibile!!!

Rachele Nicolucci
Mi occupo di apprendimento, dei processi cognitivi dell’apprendere e di metacognizione, a servizio soprattutto di chi non si basta da solo cognitivamente.
Lo faccio in ottica neuropedagogica e della pedagogia della mediazione del dott. Feuerstein.

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