“Aiutami a fare da solo”: UNO degli ingredienti della nostra ricetta verso l’autonomia.

Articolo n. 3

Come la metodologia della Montessori

favorisce lo sviluppo intellettivo dei bambini

e il loro stare nel mondo in modo metacognitivo.

La nostra esperienza.


Premessa: come è sbocciato il nostro interesse per la metodologia montessoriana

In molte situazioni non è possibile definire una “ricetta” universale, valida per ogni persona di ogni tempo e luogo. Così soprattutto quando si parla di apprendimento.
Ci sono però alcuni “ingredienti” che possono essere comuni a molte ricette, sebbene mescolati in modo diverso, o in dosi e tempi differenti.


Il percorso che porta all’autonomia è un viaggio lungo e meraviglioso, importante per ogni creatura. Forse diventa ancora più importante quando sui bambini aleggiano, a torto o meno, scarse aspettative di successo, causa condizioni genetiche, luoghi comuni, imprevisti della Vita, fatiche relazionali, e altro.


Nella nostra ricetta verso l’autonomia uno degli ingredienti più consistenti è quello legato al mondo montessoriano: sicuramente esso è oramai conosciuto da tutti, io voglio raccontarvi come lo stiamo declinando noi, quotidianamente.


Aiutami a fare da solo è uno dei principi cardine attorno cui si fonda la metodologia di Maria Montessori, straordinaria donna, nata il 31 agosto 1870 (in questi giorni avrete visto qualche iniziativa per festeggiare i 150 anni dalla sua nascita): a lei il merito di aver affermato cose davvero importanti relativamente al mondo dell’apprendimento infantile e alla formazione e crescita dei bambini, in un periodo in cui non esistevano conoscenze e strumenti di cui disponiamo oggi.

Sappiamo che il metodo montessoriano si basa principalmente su quello che lei, un centinaio di anni fa, ha osservato e compreso dei bambini, soprattutto nella fascia 3-6 anni; fondamentalmente gli aspetti, a mio avviso, cruciali e più utili per la crescita dei bambini e il loro essere autonomi sono questi tre:

  1. I bambini hanno dei bisogni. E i bisogni dei bambini vanno soddisfatti.
  2. I bambini hanno un corpo e una mente, ovvero i cuccioli d’uomo sono dotati di strumenti per approcciarsi al mondo e per apprendere.
  3. L’ambiente ha un ruolo fondamentale: deve essere adeguato, adattato, affinché il bambino in esso trovi ciò che può servirgli per il proprio sviluppo. Deve perciò permettere l’esplorazione del piccolo, il suo spontaneo e libero movimento, deve essere stimolante, deve essere invitante-armonioso, ordinato per permettere la conquista della autonomia.

Abbiamo ben capito ormai che il periodo più prezioso per la formazione di una persona è quello che va dalla nascita fino ai sei anni circa: nei primi due anni di Vita, specialmente, sembra esserci una velocità ed energia di strutturazione psico-fisica che non si verificherà più allo stesso modo negli anni successivi. Dunque questi primi anni sono preziosissimi: sono quelli che maggiormente incideranno sulla qualità del suo apprendere, quelli su cui investire a beneficio del futuro.


Montessori e metacognizione?

A questo punto, naturalmente ci è parsa subito evidente la necessità di provvedere a una strutturazione di uno stile genitoriale che potesse far fronte all’esigenza di fornire continue ed adeguate stimolazioni al nostro bambino, che probabilmente avrebbe incontrato qualche fatica maggiore lungo il suo percorso di apprendimento.

Il metodo Montessori, che si pone come uno degli obiettivi principali l’accompagnamento del bambino alla scoperta del mondo, del proprio sé e degli altri in modo autonomo e intelligente, ci è dunque sembrato una buona opportunità per coltivare il pensiero del nostro bambino verso la conquista della propria autonomia, che nei primi anni di vita si forma e si esprime attraverso la libertà del movimento corporeo, attraverso l’esplorazione dell’ambiente e l’uso delle risorse presenti in esso, la manipolazione di oggetti e strumenti, la possibilità di tentare via diverse, di provare soluzioni, … di sbagliare.


Devo ammettere di non aver avuto tempo in questi anni per verificare se esistano già degli studi (ma credo proprio che qualcosa ci sia) sul

rapporto tra la metodologia della dottoressa Montessori e la metacognizione (termine coniato a partire da alcuni studi condotti dal 1971 da Flavel, psicologo degli Stati Uniti).

A me però è sempre sembrato evidente che una connessione tra questi due elementi, il montessoriano e il metacognitivo, ci sia, sebbene sia più abituale parlare di metacognizione in riferimento a ragazzi, alle scuole superiori, agli adulti. Si può di certo affermare che la metodologia montessoriana favorisca lo sviluppo di importanti funzioni esecutive -potenziabili!-, che incidono poi notevolmente anche sul successo scolastico (ad es. la pianificazione, la flessibilità cognitiva, l’attenzione sostenuta, e altro).

La mia esperienza di mamma e di insegnante di scuola superiore di primo grado mi permette di sostenere che anche i bambini, fin dalla tenera età, possono essere orientati a riflettere sui fenomeni conoscitivi e sui propri processi cognitivi. Non solo possono esserne informati, naturalmente “parafrasando” il linguaggio tecnico, ma resi attivamente partecipi rispetto al proprio percorso di apprendimento e alle modalità, più efficaci per loro, per conoscere e imparare.


Gli ingredienti della nostra “ricetta”

E dunque, quali gli ingredienti che stiamo scegliendo per la “ricetta” che offriamo ai nostri figli, ancora molto piccoli?

Consapevoli che il nostro amato Samuele dovrà sempre, ogni giorno, fare i conti con quel “pentolino di Antonino” (👉🏼 clicca qua per sapere qualcosa di più di questo dolcissimo libro) e che, se lasciato a se stesso così come in dotazione questo pentolino si impiglierebbe da qualche parte, lo rallenterebbe stridendo rumorosamente per terra, abbiamo ritenuto opportuno affiancare alla pedagogia montessoriana altre attenzioni e opportunità, che noi riteniamo valide ed efficaci.


Voglio dire: le fatiche cognitive che il mio bimbo realmente sperimenta mi richiedono una presenza che , alcune volte, non limitarsi a osservare e registrare le sue conquiste; tanto meno amo che un bimbo apprenda solo per tentativi ed errori. A volte, più che per altri suoi coetanei, per noi è necessario che l’adulto presente sappia come intervenire per spronare, orientare, mediare (mediare nel senso di essere capaci di intervenire a favore di un buon funzionamento cognitivo).

Fondamentalmente, infatti, i tre elementi che intrecciamo, di giorno in giorno, allo stile montessoriano, con sfumature mai uguali e sempre diverse perché “su misura” dei nostri bambini che evolvono, sono: – la Teoria della modificabilità cognitiva (metodo Feuerstein) – Pedagogia della Mediazione – Metacognizione.


Adottiamo lo stile montessoriano proprio in questa prospettiva: una opportunità quotidiana, tramite cui sollecitare il pensiero, l’apprendimento, la conquista della più importante delle competenze “imparare ad imparare”, fondamentale per far emergere questa richiesta da parte dei bambini: “Aiutami a fare da solo”


La cosa più importante da dirvi non è di quali oggetti e elementi avete bisogno per rendere autonomi i vostri figli o i vostri studenti; ma quali nostri atteggiamenti mentali e corporei possono strutturare in loro autonomia di pensiero e di azione.


Dunque: Non cosa, ma c-o-m-e e’ a misura di bambino. La nostra esperienza

A mio avviso, ciò che davvero fa la differenza non è cosa proporre ai bambini ma COME.


Certamente ci siamo occupati anche noi di rendere casa nostra a misura di bambino, e, poiché sono numerosi i suggerimenti che potete trovare in rete o in libreria riguardo gli oggetti di cui servirsi per arredare una casa su misura di bambino o rispetto i cosiddetti materiali montessoriani, io non spenderò ora parole su questo. Per quanto riguarda, invece, l’organizzazione del materiale dei bambini, rimando a questo articolo: 👉🏼 clicca qua.


In Educare alla libertà, Maria Montessori sostiene:

Qui risiede appunto l’arte educativa: nel saper misurare l’azione di aiuto allo sviluppo della personalità infantile.

Ed è esattamente questo l’aspetto più interessante della questione montessoriana, secondo me. Ovvero quello del ruolo dell’educatore.

Ritengo infatti più importante per un genitore e insegnante spendere energie e tempo per comprendere COME aiutare i bambini a maturare l’idea che loro possono farcela da soli. Soprattutto quando si parla di bimbi che fanno fatica.


Fondamentale è, infatti, il nostro atteggiamento: non basta dare a un bambino un bel gioco montessoriano oppure allestirgli un bellissimo angolo di gioco se poi lo si lascia da solo in queste esperienze. L’apprendimento significativo non avviene semplicemente per aver esposto il bimbo a una certa situazione, è necessaria anche una relazione. Tra pari o con l’adulto. Soprattutto se si tratta di bimbi che fanno fatica. È richiesta la presenza di “mediatori competenti”.


Bisogna allora fare insieme, giocare insieme, essere in una relazione di apprendimento reciproco, abituarli, fin da piccolissimi, a costruire dinamiche di processi di scambi e di contatti. E allora sì che il bambino potrà dirci “Aiutami a fare da solo”!
Insegnami cioè come funziona, spiegami, mostrami cosa non mi è stato chiaro, dove sto errando (errare = camminare) affinché possa poi riprovare e farcela da solo.


L’obiettivo principi d’altra parte non è il completare un certo gioco o attività: ma sempre la conquista di piccole- grandi tappe cognitive attraverso quel gioco o quella attività. Il gioco, il materiale, l’attività sono solo dei “servi”: servono, sono dei mezzi attraverso cui allenare facoltà cognitive, comportamenti, ecc…


Allora dobbiamo intervenire sempre? Suggerire? Parlare in continuazione? Anticipare?
Maria Montessori diceva: “Mai aiutare un bambino mentre sta svolgendo un compito nel quale sente di poter avere successo”. E questo vale per tutti.

E così facciamo anche noi: lasciamo che loro sperimentino, esplorino, che scoprano, che si rendano conto realmente del peso degli oggetti, dei movimenti necessari, arrampicandosi o scavalcando per esempio, per raggiungere un certo oggetto, lasciamo che ci seguano e che apprendano lavori di giardinaggio, di cura domestica, quelli tradizionalmente considerati più femminili (la cura della biancheria ad es.) e quelli più maschili (la pulizia dell’auto), lasciamo che pianifichino loro le azioni necessarie per iniziare un lavoro e completarlo. Permettiamo loro di dire, di osare, di trasportare, di rompere (se capita anche), di pulire, di lanciare, di sperimentare conseguenze.
Viviamo e accogliamo con serenità il meraviglioso tempo della loro infanzia.

Cerchiamo di non commentare ogni cosa che fanno (meglio chiedere a loro piuttosto che credere di sapere cosa sta frullando nella loro testa) e soprattutto ci sforziamo di non trasmettere loro l’ansia da prestazione o la preoccupazione del fallimento, incoraggiando a fare e a riprovare.
Per cui: non interveniamo quando non è necessario e quando non richiesto; ma quando lo è, invece, mediamo in senso metacognitivo, chiedendo per esempio: perché non è riuscito questo gioco? Perché ci sei riuscito? Cosa ti aiuta a farcela? Avevi dimenticato qualcosa? Come puoi fare per non dimenticarlo ancora? Cosa potresti fare di diverso la prossima volta?


È sempre tutto facile per noi?
Assolutamente no!
Stiamo riscontrando però che entrambi i nostri bambini così crescono più consapevoli di sé, delle proprie risorse e delle proprie necessità.
E più sereni rispetto all’errore.

Per noi, educare alla libertà è anche questo.


Riassunto
  1. Non esiste una ricetta di apprendimento significativo uguale per tutti, ma alcuni elementi sono generalmente importanti. Diamo qualche spunto, valido secondo noi.
  2. Ciò che ci piace particolarmente della metodologia montessoriana è il principio “Aiutami a fare da solo”, al quale accostiamo delle modalità operative e di pensiero proprie del metodo Feuerstein e della metacognizione.
  3. Il periodo 0-6 anni è un tempo molto prezioso per la formazione della persona. Teniamo conto che : i bambini hanno dei bisogni. E i bisogni dei bambini vanno soddisfatti; i bambini hanno un corpo e una mente, ovvero i cuccioli d’uomo sono dotati di strumenti per approcciarsi al mondo e per apprendere; ’ambiente ha un ruolo fondamentale.
  4. Il metodo Montessori è una buona opportunità per coltivare il pensiero del nostro bambino verso la conquista della propria autonomia, ma il bambino va accompagnato in una relazione di mediazione nelle esperienze di apprendimento, soprattutto se fa fatica.
  5. É più imporrare il COME rispetto al cosa: preoccupiamoci non tanto e non solo del materiale da offrire (che è certamente importante) ma delle modalità di risposta che dà il piccolo e delle modalità di intervento dell’adulto.
  6. Non interveniamo quando non è necessario, ma quando lo è, invece, mediamo in senso metacognitivo.

Alcuni spunti bibliografici

Montessori, M. (1999a). Come educare il potenziale umano. Milano: Garzanti

Montessori, M. (1999b). La scoperta del bambino. Milano: Garzanti.

Montessori, M. (2007). La mente del bambino. Milano: Garzanti.

Opera Nazionale Montessori (a cura di, 1993). Maria Montessori: il pensiero e il metodo.2 voll. Firenze: Giunti Lisciani Editori.

Baldacci, M. (2008). Una scuola a misura di alunno. Qualità dell’istruzione e successo formativo. Novara: UTET.


Expert Teacher, caregiver, sibling
Mi occupo di apprendimento, dei processi cognitivi dell’apprendere e di metacognizione, a servizio soprattutto di chi non si basta da solo cognitivamente.
Lo faccio in ottica neuropedagogica e della pedagogia della mediazione del dott. Feuerstein.

Formazione attualmente in programma o disponibile

1 commento su ““Aiutami a fare da solo”: UNO degli ingredienti della nostra ricetta verso l’autonomia.”

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