L’arredamento ha la sua parte sia nel mantenere la tradizione
sia nell’effettuare un’innovazione
Richardson (1973)
Nel mondo della scuola, da qualche anno, si parla di learning spaces: di spazi di apprendimento che insegnano. E, seppur in un processo lento e fatico, alcune scuole illuminate, abitate da dirigenti e docenti coraggiosi e consapevoli, hanno intrapreso un interessante, oramai necessario, cammino di innovazione, riconoscendo un certo valore pedagogico e didattico allo spazio.
Lo spazio come agente di apprendimenti, sì.
Lo spazio per permettere esperienze di apprendimento in cui sia il ragazzo protagonista attivo, immerso nel fluire del benessere, della bellezza e armonia.
Questi i link per approfondire l’argomento e per alcuni spunti stimolanti:
SCUOLE INNOVATIVE: PROGETTIAMO LA SCUOLA DEL FUTURO
LINEE GUIDA PER IL RIPENSAMENTO E IL RIADATTAMENTO DEGLI AMBIENTI A SCUOLA
In questo periodo, che per noi è anche di trasloco (mamma che fatica!) e di grandi cambiamenti, sto approfondendo proprio questa tematica dello spazio che si fa ambiente di apprendimento, non solo in un’ottica professionale ma anche genitoriale: non è, infatti, la CASA il luogo in cui, per eccellenza, ci sentiamo a nostro agio, percependo un certo ben-essere? Non è la casa stessa proprio il primo ambiente di apprendimento di ogni Bambino?
Naturalmente, quando si parla di apprendimento, la nostra mente dovrebbe andare oltre l’insegnamento delle singole discipline e oltre l’espressione di abilità comunemente richieste dai compiti in classe… comprendendo quanto proprio il concetto di ad-prehendere sia legato a quello di sviluppo di autonomie, competenze, personalità, responsabiltà, consapevolezza di sé, degli altri, del mondo esterno e di… movimento e che l’essere umano apprende fin dalle settimane di gestazione (ma questa è un’altra storia).
Torniamo a noi. La casa che abbiamo scelto di abitare è strutturata in modo molto diverso dalla precedente e gli spazi che essa offre sono in numero maggiore, più grandi e anche più articolati tra loro. Non ci è proprio possibile riproporre in essa la disposizione degli ambienti così come vissuti nella precedente abitazione: abbiamo dovuto provvedere a una totale riorganizzazione degli spazi e questo ci ha permesso di considerare l’opportunità di farli divenire, ancora di più, learning spaces: spazi di apprendimento, spazi di crescita, e quindi di benessere.
Studiando questi argomenti qua, ho incontrato Tim Ingold, che ha teorizzato la DWELLING PERSPECTIVE come antagonista della BUILDING PERSPECTIVE. Conoscete Tim Ingold? Egli ha elaborato una interessante visione integrata dell’essere umano nei suoi contesti di sviluppo:
Nell’ottica della dwelling perspective, o prospettiva dell’abitare teorizzata da Ingold, le pratiche architettoniche sono considerate da un punto di vista abitativo ed esperienziale, sulla scorta di un approccio fenomenologico e pragmatico ai fenomeni artistici e alle pratiche umane in generale. Si tratta di una visione alternativa ai maggiori paradigmi architettonici del Novecento, modernismo e postmodernismo, in quanto abbandona il campo prettamente estetico delle pure forme – prerogativa dell’architetto – per guadagnare il punto di vista concreto di quello che de Certeau definisce «l’uomo comune», «eroe di tutti i giorni»
Mi sembra molto interessante, sia per il mondo della scuola che per quello genitoriale, che si occupa di costruire/arredare/organizzare ambienti casalinghi in cui far crescere i propri figli, conoscere e comprendere alcuni elementi di questa prospettiva tramite cui superare il comune dualismo ”costruire” vs ”abitare”.
Nella logica dell’abitare, la scuola non è più solo un luogo di corridoi e aule; così allo stesso modo la casa non è soltanto la somma delle stanze e spazi che la compongono. Secondo la Dwelling perspective la scuola è da progettare sulla base della sua abitabilità, sulla base del modo in cui viene abitata. E la disposizione spaziale degli alunni – chiamati ad essere attori del loro apprendimento – non può essere solo il risultato di semplici scelte di “soluzioni di arredo”, ma deve riguardare anche la consapevolezza del condizionamento che questa presenza nello spazio ha verso i loro comportamenti, i ruoli dei docenti e le dinamiche comunicative (cit. Gianni Ferrarese).
Seguendo questo filone di pensiero, ci stiamo allora pre-occupando di rendere casa nostra non tanto solo un luogo funzionale, confortevole, piacevole ed espressione dei nostri gusti estetici, delle nostre preferenze in termini di forme, colori, materiali, quanto un luogo che, oltre a rispondere alle funzioni necessarie e vitali per cui è pensato, sia in grado di rispondere ai nostri sogni e bisogni, umani, formativi e culturali.
Perciò uno dei principi che stanno guidando le scelte di arredo e organizzazione di questo nuovo nostro nido domestico riguarda la concezione sistemica dell’ambiente formativo secondo cui la mente si sviluppa entro un tessuto di relazioni che interconnettono artefatti immateriali e materiali: ovvero, lo spazio è da intendersi come una dimensione nascosta ma fondamentale, che ha un grande impatto a livello emotivo, e più in generale sullo sviluppo tutto del soggetto coinvolto.
Alcuni studiosi sostengono che l’ospitalità di un ambiente (scuola, casa, altro) sia misurabile dal modo in cui i sensi e le emozioni sono adeguatamente sollecitati e stimolati, con la consapevolezza che la dimensione percettivo motoria costituisca la base sulla quale poggia un apprendimento stabile e significativo (cit. Elena Mosa).
In che modo allora possiamo declinare tutto questo nel linguaggio dei genitori, che ogni giorno devono pre-occuparsi di rispondere almeno (e magari non solo) alle esigenze di cura e bisogni primari dei propri figli?
Concretamente e sintetizzando la nostra esperienza: a noi sta sembrando importante costruire ambienti casalinghi che permettano al bambino di dirsi veramente ”Aiutami a fare da solo”, ambienti che diventino contesti educativi e formativi, a misura di bambino. In cucina ho perciò deciso di organizzare i vari strumenti e alimenti avendo cura di lasciare tutto ad altezza dei miei figli (dimensione che in questo momento si traduce in indice di accessibilità, quindi interesse, esperienza, pensiero, autonomia, crescita): la dispensa con e senza glutine (Samuele è celiaco), pentole, piatti, posate, tovaglie, elettrodomestici, detersivi, strumenti di lavoro propri della cucina e qualsiasi altra cosa. Vogliamo che i bambini vivano la cucina come anche loro, che si percepiscano attivi, partecipi e perfettamente in grado di fare da soli, che sviluppino una certa autonomia di pianificazione e organizzazione mentale ”consapevole che la dimensione percettivo motoria costituisca la base sulla quale poggia un apprendimento stabile e significativo”.


I colori, le forme, i materiali e l’arredo che stiamo scegliendo vogliono rispondere prima di tutto ai nostri bisogni e caratteristiche. Così, ad esempio, nella cucina che è in una stanza davvero molto grande, stiamo allestendo un angolo a uso dei bambini: tappeto, tavolino, sedie, materiale di gioco per offrire al nostro gruppo famiglia la possibilità di continuare a cenare/pranzare nonostante Gabriele sia velocissimo a concludere i suoi pasti, avvertendo poi anche la necessità di muoversi. Arredare la cucina, immaginando più ”isole” abitabili contemporaneamente e con funzioni differenti, ci sta permettendo perciò sia di vivere serenamente spazi differenti, secondo le esigenze di tutti e di ciascuno, sia di rimanere nello stesso ambiente cucina.
Lo stesso è per ogni altro ambiente di casa.
In modo particolare la stanza dei bambini, che attualmente è anche essa ancora in via di sistemazione (!), è oggetto delle nostre riflessioni e progettualità. Al suo interno stiamo realizzando più angoli, come suggerito dal Future Classroom Lab di European Schoolnet (2012), per favorire i processi di esplorazione, creazione, interazione, ricerca e scambio. Non appena sarà completata, vi farò vedere qualche foto!
Intanto vi lascio l’immagine di riferimento del Future Classroom e di recenti altre interpretazioni scolastiche della proposta:

L’idea che sta sostenendo ogni nostra scelta è che lo Spazio, così come il Tempo, possono essere vissuti in modo innovativo, a scuola così come a casa. Le metodologie didattiche del XXI così come gli orientamenti pedagogici più moderni richiedono cambiamenti nella configurazione degli spazi affinché sia consentito il movimento del corpo e della mente.
Concludo questo mio intervento, sottolineando un ultimo aspetto: questa prospettiva necessita di un (nuovo) preciso atteggiamento degli adulti coinvolti.
Per realizzare davvero una prospettiva altra rispetto gli spazi che abitiamo, rendendoli ambienti di apprendimento, non possiamo continuare a avvertire il bisogno di contenere/controllare/sottomettere i movimenti fisici (e quindi poi mentali) di figli e alunni: l’apprendimento è movimento della mente che sta crescendo, sviluppandosi, attivandosi.




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