In questo articolo ti racconto vantaggi e benefici dell’anno di trattenimento alla scuola dell’infanzia per un bimbo che fa più fatica cognitivamente: ovvero, perché nella nostra esperienza si sta rivelando una buona scelta, che rifarei ancora.
In Italia è infatti possibile trattenere un anno in più alla scuola dell’infanzia un bambino se sussistono determinate condizioni. Non è adesso mia intenzione richiamare, in questo preciso contesto, la cornice legislativa di riferimento, che pure suggerisco di studiare nel caso in cui si voglia intraprendere questa strada: è sempre importante conoscere i propri diritti e doveri.

Questa possibilità dell’anno di trattenimento per il nostro Samuele è stata, almeno inizialmente, una situazione di scelta realmente difficile da gestire, per noi genitori. Spesso infatti sembra che “più lento” sia peggio di “più veloce” e che fare diversamente da come fa la maggioranza (o da come viene concesso solitamente) richieda un coraggio enorme anche a noi genitori.
A distanza di un paio di anni però posso fare un bilancio di questa scelta e raccontarti dei vantaggi e benefici che l’anno di trattenimento sta riservando al nostro Samuele.
Voglio condividere anche con te alcuni aspetti di questa nostra scelta di trattenimento alla scuola dell’infanzia per metterne in luce dapprima alcune motivazioni che generalmente vengono trascurate e poi quelli che, a distanza di tempo, si stanno rivelando vantaggi e benefici di cui il nostro bambino sta godendo, ora, in occasione di apprendimenti più complessi e impegnativi.
Queste sono sicuramente scelte importanti, delicate, personali, da compiere nel rispetto della piccola creatura che ci è affidata e che comportano pensieri, preoccupazioni e notti insonni per i genitori, e forse non solo per noi genitori. Si tratta di una scelta condivisa tra membri responsabili del percorso scolastico: scuola – famiglia. Noi abbiamo chiesto anche il supporto di alcuni specialisti, chiedendo loro di esprimere un proprio parere professionale, che abbiamo poi allegato alla richiesta formale di trattenimento inviata all’ufficio scolastico.
Motivazioni principali
La motivazione che principalmente ci ha spinti verso questo tipo di scelta è stata quella di volergli dare realmente TEMPO. Offrire tempo. E questo si sta rivelando molto importante, producendo molti benefici.
Informandomi, ho scoperto infatti che ci sono zone del mondo in cui i bambini iniziano a frequentare la scuola primaria a sette anni, o anche dopo. E questo viene considerato assolutamente normale e buono, soprattutto opportuno in termini di sviluppo cognitivo e emotivo. Il fatto che noi italiani siamo abituati a associare i sei anni all’inizio della scuola primaria è solo una convenzione ben accettata e considerata “via maestra” nel Bel Paese.
Si, ma… da noi si è fatto sempre così… E’ vero: è difficile uscire dalla propria zona di comfort e intraprendere vie secondarie o diverse. Sarebbe importante, invece, ricentrare la nostra attenzione su ciò che conta veramente, mantenendo il nostro focus sulla “qualità” dell’apprendere e sul fatto che è assolutamente naturale che ciascuno abbia i propri, personali, tempi di apprendimento e che, quando un bimbo ci mette di più a sviluppare competenze o a conquistare abilità, VA BENE LO STESSO!
C’è una seconda importante motivazione, che ci ha spinti prima a prendere in considerazione la possibilità del trattenimento (che è un diritto di nostro figlio), e poi a richiederla per lui.
Questa motivazione riguarda proprio il perché sia diventato così difficile ottenere dagli uffici preposti approvazione a questa richiesta di un anno in più alla scuola dell’infanzia. A noi è stato infatti spiegato dalla vicepreside dell’istituto comprensivo che Samu ha frequentato per due anni che la maggior parte delle richieste di trattenimento alla scuola dell’infanzia vengono rifiutate per ragioni economiche e anche perché si ritiene che, nel caso specifico, i bambini con trisomia 21 non possano imparare!!!! Dunque, dare un anno di tempo in più sarebbe una occasione sprecata perché “tanto il gap tra suo figlio e gli altri bambini non si potrà colmare”.
L’alternativa che mi era stata proposta da questa stessa vicepreside, referente inoltre per l’inclusione scolastica (!!!) fu quella di (leggi bene) scrivere Samuele in prima elementare ma facendogli frequentare ancora un anno di scuola materna fino a circa metà anno. Così nella seconda parte dell’anno avrebbe potuto cominciare a frequentare la classe prima per qualche ora a settimana (poverino, si potrà abituate un po’ per volta a lasciare la scuola dell’infanzia), per poi ritrovarsi l’anno successivo catapultato direttamente in classe seconda (dando per scontato che quindi la sua presenza in classe sarebbe stata per lo più alla stregua di un soprammobile).
Ecco: personalmente trovo vergognoso che funzionari statali, regionali, provinciali, persone che occupano posti di rilievo e responsabilità all’interno della scuola, persone che dovrebbero avere strumenti e conoscenze (e per questo ruoli di responsabilità), non siano ancora formati in modo appropriato e nuovo rispetto ciò di cui si occupano e che sia lasciato loro margine di manovra per decisioni così delicate, il cui impatto sarà importate sia per il minore che per tutto il gruppo famiglia di quel minore. Non siamo più negli anni cinquanta, settanta, novanta! E’ qui necessaria un’opera di innovazione a tutto tondo o la scuola affonderà veramente.
Non è assolutamente vero che un bambino con la sindrome di Down non impara!
Non è assolutamente vero che un bimbo che fa più fatica cognitivamente non apprende: il cervello è troppo complesso e misterioso per poter essere noi così arroganti, pensando di poter porre limiti a altri.
Glielo diciamo a questi signori che Samuele durante il suo anno di trattenimento ha (anche) consolidato il saper colorare correttamente (cosa che la scuola non aveva saputo curare) avviato il suo processo di lettoscrittura e quello di conoscenza numerica e che oggi, a metà anno del primo anno primaria, sta iniziando le addizioni, sa scrivere frasi con la matita sotto dettatura e che legge sempre più fluentemente?

Vantaggi e benefici secondo la nostra esperienza
Durante i primi mesi di pandemia ho avuto l’opportunità di iniziare a lavorare “didatticamente” a tu per tu con Samuele e, come è successo a moltissimi genitori, ho potuto constatare più in modo diretto e reale le potenzialità, i talenti e fragilità di mio figlio. Lavorando con lui ogni giorno, ho avuto conferma che sarebbe stato per lui, come per chiunque, fondamentale incontrare insegnanti davvero competenti, prima di tutto a livello relazionale e affettivo, oltre che didattico.
Mi sono accorta che spesso le fatiche che sperimenta reclamano semplicemente tempo: tempo per essere comprese dal bambino, organizzate e elaborate in modo opportuno. E che reclamano, appunto, un modo opportuno: che l’adulto sia in grado di saper dialogare con quel cromosoma 21 in più e di occuparsi di attività cognitive, non solo di contenuti e tecniche didattiche.
Poter avere dunque 12 mesi di tempo in più per sviluppare abilità e competenze è sicuramente un vantaggio!
Un bambino con la trisomia 21 (sindrome di Down) certo che può imparare, probabilmente ci metterà un tempo maggiore rispetto a quello necessario a un coetaneo a sviluppo normotipico ma può apprendere! Di questo non dovremmo mai dubitare. Nessuno dovrebbe farlo.
Sono perfettamente consapevole che questa necessità di tempo maggiore corrisponda al fatto che in diverse situazioni (non tutte) non matura competenze e abilità negli stessi tempi di un coetaneo: proprio per questo godere del diritto all’anno di trattenimento è vantaggioso!
E’ importante far nascere un sì, una possibilità, anche dentro un no, una situazione di fatica: c’è sicuramente una differenza di velocità di apprendimento tra bambini ma, seguendo una didattica vecchia e oramai inadeguata, si rischia di focalizzarsi solo sul divario in termini di prestazioni e risultati e allora la scuola sarà solo per chi non si discosta da uno sviluppo normotipico. MA se, invece, mi focalizzo sul fatto che anche negli alunni che viaggiano a una velocità differente (maggiore o minore) si sta realizzando apprendimento, allora, capite, diventa responsabilità di ogni membro della scuola (famiglia che sceglie la scuola, insegnanti che scelgono di insegnare, dirigente che si assume molte responsabi,ità, ecc) rispondere nel migliore modo possibile ai bisogni formativi di quel bambino.
Sfruttando bene l’anno di trattenimento, si può offrire ai bambini che fanno più fatica cognitivamente la possibilità di maturare abilità e competenze nel rispetto dei propri tempi e secondo modalità ludiformi che risulteranno ancora più adeguate. L’obiettivo è quello di utilizzare questo tempo in più sia per potenziare ciò che merita attenzione e che potrà essere funzionale agli apprendimenti futuri sia per introdurre, attraverso una modalità ancora ludiforme, contenuti e percorsi di apprendimento più tipici della scuola primaria, facendolo in tempi distesi e senza alcuna “ansia da prestazione”.
Nella nostra esperienza questo è stato un beneficio enorme, un reale vantaggio rispetto al dover essere costretti a proseguire.
Proseguire avrebbe rappresentato un rischio altissimo di fallimento, di dispersione di energie, di tempo e di percezione di autoefficacia: sarebbe risultato tutto più faticoso e frettoloso e Samuele molto probabilmente si sarebbe scoraggiato o oggi avrebbe meno strumenti, conoscenze e risorse. Ringrazio per aver avuto il coraggio di questa scelta e per aver incontrato chi ci ha supportato in modo operativo.
Durante l’anno di trattenimento abbiamo potuto realizzare dei percorsi di apprendimento personalizzati e su misura, che ho chiamato Book EXPERIENCES, senza alcuna sensazione di fretta, senza doversi preoccupare della quantità di risultati da dover dimostrare a qualcuno, divertendoci e assecondando le naturali inclinazioni del bambino.

Abbiamo usato il tempo dell’anno di trattenimento per iniziare a occuparci del processo di lettoscrittura e avviare la manipolazione dei numeri, nel pieno rispetto dei tempi, interessi, abilità, potenzialità e bisogni di nostro figlio, avviando un circuito virtuoso di apprendimento. Dell’importanza di dare tempo ho parlato in questo articolo, scritto in collaborazione con la dottoressa Guarnera: qua.

Il beneficio maggiore è stato proprio il potergli offrire concretamente il tempo di maturare in modo spontaneo, naturale ma anche con opportune sollecitazioni, senza mai sentirsi inadeguato rispetto la situazione o affaticato per le attese degli adulti attorno a lui.
Il vantaggio di questa opportunità è stato poi il poter affrontare in modo più strutturato, forte e competente, contenuti e situazioni successive, sicuramente impegnative e più complesse.
Come vi ho già raccontato in precedenti articoli, abbiamo usato il quarto anno di scuola dell’infanzia, l’anno di trattenimento, per avviare un preciso lavoro di grafomotricità, i processi di lettoscrittura e di familiariazzazione con i numeri, per potenziare il saper colorare in piena autonomia con pennarelli e pastelli.
Non è stato per nulla un “anno sprecato” questo del trattenimento, ma un anno “cuscinetto” durante cui proporre contenuti nuovi e in linea con una prima primaria, in una modalità più giocosa, esperienziale, percettiva, pre-operatoria, laboratoriale, assecondando i ritmi del bambino, le sue inclinazioni e gusti: avendo cura del suo senso di autoefficacia e competenza del sé.
Così siamo arrivati al settembre della classe prima primaria, settembre 2021, scegliendo di proseguire in una modalità di istruzione parentale, che al momento risponde meglio ai nostri ritmi, bisogni e priorità. Samuele a settembre 2021 iniziava a leggere (puoi approfondire alcuni aspetti di questo argomento leggendo l’articolo sull’abecedario del metodo Bortolato), a comprendere i meccanismi del processo di scrittura, e scrivere le vocali, aveva memorizzato la filastrocca dei numeri, associando correttamente simbolo numerico alla quantità corrispondente, e iniziato a scrivere i primi numeri.



Abbi fiducia: fidati del tuo bambino, dei suoi talenti e potenzialità. Dagli tempo. Ti sorprenderà, se saprai incoraggiarlo e supportarlo concretamente.
Chi è servito invece di essere aiutato, in un certo modo è leso nella sua indipendenza. Questo concetto è il fondamento della dignità degli uomini […]. Un’azione pedagogica efficace sui bambini deve essere quella di aiutarli ad avanzare su vie di indipendenza, intesa in maniera da iniziarli a quelle prime forme di attività che consentano loro di bastare a se stessi e di non pesare sugli altri per la propria incapacità. Aiutarli a imparare a camminare senza aiuto, a correre, a salire e scendere le scale, a rialzare oggetti caduti, a vestirsi e spogliarsi, a lavarsi, a parlare per esprimere chiaramente i propri bisogni, a cercare con tentativi di giungere al soddisfacimento dei loro desideri, ecco l’educazione dell’indipendenza.[…] Tutta l’educazione della prima infanzia deve essere informata a questo principio: aiutare il naturale sviluppo del bambino.
La scoperta del bambino, Montessori.
Ti racconto del nostro percorso di lettoscrittura in questo webinar gratuito, che lascio ancora per qualche tempo a disposizione della nostra Community: condividere, in-formare e creare una rete di supporto è il primo passo per costruire inclusione.

Rachele Nicolucci
Autrice, fondatrice e coordinatrice di “Sindrome da Apprendimento”
Expert Teacher in organizzazione scolastica – Mi occupo di processi cognitivi dell’apprendere e metacognizione, con un approccio neuropedagogico e della pedagogia della mediazione Feuerstein.
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