
Come aver cura di un’attività cognitiva fondamentale alla nostra sopravvivenza e quali giochi scegliere per stimolare la memoria!
Caro Lettore,
mi cimento in un argomento sicuramente complesso, e rispetto al quale, a mio avviso, è necessario che ogni adulto, che desideri essere agevolatore di aiuto, sia in-formato per poter essere realmente di aiuto all’apprendimento di chi si prende cura.
Il mio desiderio è quello di aiutarti a fare chiarezza rispetto alcune dinamiche che molto probabilmente stai già vivendo o osservando tu stesso, piantando anche dentro di te un seme prezioso: il desiderio dell’approfondimento.
A te quindi affido questi pezzetti del mio studio affinché possano germogliare a beneficio delle persone di cui tu ti prendi cura.
Decido di pubblicare questo articolo, che mi è costato molte ore di lavoro, al mio primo bambino: a mio figlio Samuele, che oggi, 23 dicembre, compie i suoi primi 8 anni e al quale devo molti aspetti della mia evoluzione professionale e crescita personale. Auguri Bambino mio: buona Vita felice, sei un gioiello, il nostro orgoglio.
Apprendere richiede memoria?
De Beni e Moè (1995) hanno definito l’apprendere come il “Comprendere e mantenere nel tempo le conoscenze (memoria) e saperle utilizzare in altri contesti (trasferimento).”
Anche sulla base di questa definizione si può comprendere quanto la memoria sia parte necessaria dell’apprendere. Infatti l’apprendere, generalmente, richiede l’uso di memorie già presenti nell’organismo, per es. procedurali, oppure semantiche… Sulla base cioè di conoscenze che sono presenti in memoria, costruiamo un successivo e nuovo apprendimento; ma è anche vero l’aspetto inverso: aver appreso comporta che il soggetto che apprende mantenga nel tempo le conoscenze acquisite, e cioè un processo di apprendimento traccia nuove memorie (che sappiamo avere anche un valenza emotiva).
Saprai già, perché ne hai fatto certamente esperienza personalmente, che possiamo mantenere in memoria alcune informazioni per breve tempo, magari finché ci serve quell’informazione specifica. Così pensa ad esempio alla lista della spesa che hai fatto l’ultima volta: finché facevi la spesa, ti ricordavi tutti gli elementi presenti nella lista, che magari avevi scritto tu stesso? E oggi cosa ricordi proprio di quell’elenco? Oppure pensa a un argomento di studio, ad esempio ai pronomi personali in greco antico, alle date della guerra del Peloponneso: sono ancora informazioni spendibili come nel giorno in cui sono servite per superare quel compito in classe?
Altre tracce di memoria, invece, durano molto più a lungo o addirittura per tutta la vita, se non si subiscono danni cerebrali o finché non si accusano i sintomi di un invecchiamento: ad esempio saprai benissimo ancora, anche a distanza di tempo, il nome della tua città natale, i nomi dei tuoi figli e/o fratelli, il nome proprio di quella maestra lì, così come saprai cosa fare per infilarti le scarpe, andare in bicicletta, mangiare, scrivere…
Riassumendo, possiamo dire che c’è vero apprendimento quando manteniamo in memoria quel tipo di informazione-stimolo che siamo poi anche in grado di “utilizzare in altri contesti”, in situazioni quindi di novità rispetto il primo contesto di apprendimento e/o più complesse, dimostrando che rispetto quell’informazione siamo diventati realmente competenti: così il processo di apprendimento richiede memoria. Pensa a quando un bambino sta imparando a contare fino a 10 o le vocali: ogni passo successivo (es. la vocale E) richiede la memoria della conoscenza precedente (vocale A), che continuerà a essere sollecitata non solo nei suoi aspetti percepiti e grafomotorie ma anche nelle dinamiche di strategie cognitive che si sono rivelate utili per apprenderla.
Perché vi sia apprendimento il soggetto deve attivare memoria, anche memoria, non solo memoria.
E cioè apprendere (e quindi avere la capacità di trasferimento, generalizzazione) richiede alla base capacità di memorizzazione, oltre che una serie di altri “ingredienti” cognitivi, emotivo-motivazionali.
Della memoria dobbiamo sapere che…
Per l’uomo la memoria è un’attività cognitiva necessaria e fondamentale alla sua stessa sopravvivenza. Se non avessimo memoria non potremmo, ad esempio, mantenere le abilità motorie acquisite, così come quelle linguistiche, oppure non potremmo agire per perseguire uno scopo e non saremmo nemmeno capaci di pianificare un’azione semplice o complessa. Troppo spesso la memoria viene semplicisticamente immaginata come un “magazzino” statico di informazioni, un ricco “armadio”, posizionato chissà dove all’interno del nostro cervello, al quale è affidato il prezioso compito di conservare traccia di quantità di esperienze, contenuti, procedure, ecc… Ma è proprio così?
Intanto partiamo col dire che gli studiosi stanno evidenziando che per la mente umana è più facile memorizzare qualcosa con cui abbiamo avuto un’interazione diretta e un coinvolgimento motorio. Lo ripeto perché così è per ogni studente, sopratTutto quando fa più fatica: è più facile che funzioni bene la memoria (attività cognitiva fondamentale, sia per vivere che per apprendere) quando l’individuo ha, con una certa informazione, un’interazione diretta, percettiva, e in una dimensione motoria.
Inoltre sappiamo (ce lo dicono i neuroscienziati!) che le emozioni possono favorire (o no) la memorizzazione di informazioni, così come altri processi cognitivi.
Sintetizzando molto, potremmo dire che uno dei motivi per cui questo avviene (emozione – memorizzazione) è l’amigdala e l’ippocampo (siamo nella zona sottocorticale) sono entrambi coinvolti tanto in processi cognitivi quanto in quelli emotivi; ma molto più in generale possiamo dire che questa connessione emozione – memorizzazione è tale perché il nostro cervello non solo è estremamente complesso ma anche perfettamente integrato (e ancora poco conosciuto).
In che modo questo può interessare gli adulti che formano – istruiscono bambini? Serve tenere a mente tutto questo perché quando offriamo esperienze di apprendimento queste vengono associate / memorizzate insieme alle emozioni vissute durante quella stessa esperienza. Perciò, se il tuo bambino si sta rifiutando di svolgere in un certo modo un certo compito, potrebbe essere un’idea quella di modificare la proposta di compito o l’ambiente fisico – sociale (quando possibile, se non si tratta cioè di questioni di salute o emergenze, o elementi di priorità) affinché la sua collaborazione e il suo agire possano corrispondere a circuiti emozionali che vorrà rivivere ancora, con piacere.

Funzioniamo (apprendiamo) meglio se…
Se ti occupi di didattica, di riabilitazione, di laboratori, di catechesi, formazione per giovani adulti, logopedia, se insegni uncinetto, una lingua straniera, in palestra, acquaticità, tennis, se sei un genitore, un caregiver … insomma qualsiasi sia il CONTENUTO di apprendimento che offri tu devi assolutamente tenere conto di COME il tuo bambino (ma questo è vero a tutte le età) apprenderà di più e meglio.
Generalmente apprendiamo più facilmente e meglio se messi nelle condizioni:
- di esperire direttamente, manipolando proprio con le mani il contenuto della proposta (e non solo pensando, parlando, in una dimensione astratta o per generalizzazioni),
- di attivarsi in una dimensione sensorimotoria (la memoria è distribuita in una rete neuronale molto vasta, non è concentrata solo in una zona corticale o sottocorticale);
- di fare esperienze ripetute nel tempo, simili ma diverse (le memorie si consolidano nel tempo e nel tempo possono modificarsi) – gli studenti devono generalizzare dopo aver fatto esperienza concreta e corporea;
- di un contesto ambientale – relazionale che incoraggi e che generi emozioni positive, che sarebbe (molto) bello rivivere nonostante lo sforzo mentale richiesto.
Vergogna, senso di colpa, paura, noia, frustrazione (…) non sono buone compagne di viaggio dell’apprendere: le informazioni registrate con queste note emotive, quando recuperate in memoria, riattiveranno anche quel tipo di emozione.
Esempio personale: ancora oggi, a distanza di 20 anni (dico venti anni, non venti giorni) dalla mia maturità classica, che ho pur concluso con successo, dovessi pensare di riaprire il vocabolario di greco potrei letteralmente percepire nausea e avverto persino una grande repulsione fisica verso l’oggetto citato (vocabolario, foglio protocollo) e quel tipo di setting prestazionale. Eppure se pensassi di trovarmi davanti lo stesso foglio protocollo, lo stesso ambiente di scuola, o addirittura nel momento del compito di italiano o della prima prova di maturità classica (scritto di italiano) sarei, viceversa, molto serena – gioiosa e positiva: avere incontrato una professoressa di lettere che è stata, per me, prima di tutto magister mi predispone ancora oggi a quella dimensione di studio, sebbene non sia stata costellata solo di successi.
I modelli di memoria, attualmente.
Oggi gli studiosi ritengono che si possa parlare di memoria secondo queste dimensioni di funzionamento:
- memoria sensoriale, molto breve – breve (millesecondi – secondi)
- memoria a breve termine (da secondi a minuti)
- memoria di lavoro (da secondi a minuti)
- memoria a lungo termine: memoria dichiarativa (fatti appresi, e cioè semantica, e fatti vissuti, episodica) e memoria non dichiarativa (che non si può riportare verbalmente, ma attraverso l’esecuzione motoria) e quindi memoria procedeurale.
Apprendimento e memoria, secondo i ricercatori, sono organizzati in tre stadi:
- codifica (acquisizione e buffer sensoriale, consolidamento);
- immagazzinamento: registrazione permanente;
- recupero: accesso all’informazione registrata, per prendere decisioni, modificare il comportamento, ecc..
Se vuoi approfondire questo aspetto, puoi visualizzare il file pdf gratuito che puoi richiede a fondo pagina.
La nostra mente funziona una attività cognitiva alla volta?
Prima di dirti come è possibile allenare la memoria e come puoi essere di aiuto nella quotidianità del tuo piccolo, ritengo importante precisare un aspetto semplice quanto complesso: il cervello umano è un sistema. E cioè, semplicemente: la nostra mente non funziona una attività alla volta, nè tanto meno una attività cognitiva alla volta.
La memoria è infatti legata alla percezione, all’attenzione, alla motivazione e alle emozioni. E lo stesso potremmo dire del processo di apprendimento: per creare apprendimento, o nell’attivare apprendimento, c’è percezione, attenzione, memoria, motivazione e anche emozioni.
I neuroscienziati oramai hanno detto chiaramente che non si può più ritenere che ragione e emozioni siano due sistemi separati; anzi: è sempre più chiaro, man mano che le conoscenze sul cervello avanzano, quanto l’emozione giochi un ruolo modulante anche nei processi cognitivi (memoria, attenzione perciò): Le decisioni più adattive sono guidate dalle reazioni emotive e l’emozione stessa influenza le decisioni.
Prima di infastidirti perciò quando il tuo bambino non collabora, prova a chiederti effettivamente quali memorie e emozioni sta rievocando… Ti lascio il link diretto per approfondire questi aspetti:
Come possiamo migliorare la memoria?
Prestando attenzione!
La strategia migliore per potenziare la memoria è quella di prestare attenzione (15 minuti è un tempo ragionevole per un preadolescente)!
Sono davvero moltissime le cose che puoi fare per sollecitare nell’interazione quotidiana l’attenzione e la memoria dei tuoi studenti o figli, ma, volendo sintetizzare potremmo dire che porre domande aperte rispetto qualcosa che sta capitando, che stiamo osservando, che stiamo ascoltando, dicendo, esprimendo (e lo stesso vale anche in riferimento a azioni – situazioni passate o future). Porre domande è una forma di richiamo dell’attenzione attiva e in questo modo si facilita il mantenimento in memoria di quella stessa informazione.
Facciamo qualche esempio rispetto a come sollecitare la memoria.
- Siamo in auto, e stiamo ascoltando una fiaba sonora (ma lo stesso, naturalmente, vale anche in altri contesti e ascoltando altre informazioni). A intervalli, dopo magari che è stata raccontata una scena saliente, interrompi l’audio e chiedi al tuo bambino cosa ha ascoltato, cosa è successo, cosa si ricorda. Se è un bambino poco verbale o molto piccolo puoi aiutarlo, formulando delle domande come ti suggerisco in questi articoli. Certo che, trattandosi di informazioni udite e di storia narrata, si sollecitano anche le abilità di comprensione di un testo orale, ma, se il nostro obiettivo è sollecitare la memoria, possiamo chiedere al bambino di recuperare non solo il significato di quanto ascoltato ma anche alcuni particolari uditi (attenzione selettiva).
- Un’altra possibilità utile è quella di mostrare per pochi secondi una breve sequenza di oggetti o di immagini/foto di un singolo oggetto/persona, poi togliere dalla vista questo materiale e poco dopo chiedere al bambino se ricorda cosa ha visto e di riposizionarlo nella stessa modalità – posizione – sequenza. Puoi utilizzare questo sintetico schema di lavoro per proporre infinite stimolazioni.
Tieni conto che, se il tuo studente / figlio è piccolo o se ha poca esperienza di queste attività, risulta molto più utile lavorare con materiale concreto che non con immagini: l’interazione del bambino si fa attiva, attenzione selettiva e memoria diventano spendibili su materiale percepibile in una dimensione sensorimotoria, e quindi attraverso un linguaggio che per sua natura è facilitante e base dell’agire mentale astratto.
- Infine, ma non per importanza, questo stesso tipo di proposta se inserita in un setting ben organizzato e in una cornice di lavoro intenzionale può favorire nel tuo piccolo l’acquisizione di strategie metacognitive, iutili allo studio e, più in generale, all’apprendere.
L’interazione attiva migliora e consolida la memoria.
Giochi per allenare la memoria
Se, invece, sei alla ricerca di giochi già pronti e strutturati, questi sono quelli che non potrebbero mancare tra gli strumenti di crescita.
La prima tipologia di gioco per allenare la memoria è il classico memory. Il memory è effettivamente uno di quei giochi che è sempre possibile trovare in qualsiasi libreria e nei negozi di giochi per bambini.
Negli anni di interpretazioni ne sono state sviluppate davvero moltissime: possono cambiare i soggetti utilizzati, i materiali del gioco, gli strumenti offerti, le dimensioni, le aziende produttrici, ma quel che resta immutabile è che giocare a memory sostanzia l’occasione di esercitare una delle nostre attività cognitive più importanti e basilari: la memoria appunto.
Dunque, quale memory scegliere?
Queste le versioni che sono tra le nostre preferite e con le quali i miei bambino continuano a giocare frequentemente, in autonomia ormai ma anche in compagnia.

Elementi caratteristici:
- Contiene 72 carte;
- le carte sono qualche millimetro più grandi di quelle della versione Kinder;
- le immagini sembrano delle fotografie e quindi sono più nitide di quelle della versione Kinder;
- il contenitore è di forma quadrata e grande quasi il doppio della versione Kinder.
Elementi caratterizzanti:ù
- Contiene 48 carte;
- si tratta di una versione di gioco da viaggio;
- le immagini sono disegni, meno nitide e accessibili a mio avviso della versione Junior;
- il contenitore rettangolare è quali la metà della versione più grande.


Elementi di vantaggio:
- Contiene 30 carte, tonde, di diametro di 6 cm circa;
- si tratta di una versione di gioco che può essere anche da viaggio;
- sono rappresentati animali, alcuni anche molto simili tra di loro, aspetto che chiede allora un’azione di più attenta osservazione e analisi dell’immagine;
- sono raffigurati animali generalmente famigliari ma non solo;
- le coppie di carte sono uguali per colore di sfondo, oltre che per il soggetto raffigurato;
- il contenitore cubico è facilmente trasportabile.
Si tratta di un gioco memory molto interessante, che stimola anche abilità visuospaziali, che noi stiamo utilizzando da quando i bambini sono in grado di prestare per un po’ di tempo una paziente attenzione. Nella confezione sono presenti 50 tessere: alcune ritraggono cani, altri gatti. Metà delle tessere raffigurano l’animale riconoscibile facilmente come cane o gatto; le altre metà, invece, propongono gli stessi animali travestiti. Quindi il riconoscimento e l’abbinamento delle coppie risulta sicuramente più difficile e creativo di quanto non lo sia in un classico memory.
Questo gioco richiede certamente un paziente lavoro di attenzione, osservazione e descrizione del materiale a disposizione (io propongo poche tessere per volta) ma la simpatia dei personaggi proposti ci motiva ad andare avanti, per poi immaginare avventure fantastiche!

Se vuoi anche sapere come utilizziamo le carte del memory per allenare l’attenzione e i prerequisiti alle abilità di studio, allora devi leggere questo articolo:
COME UTILIZZIAMO LE CARTE DEL MEMORY
Altre idee di giochi per allenare la memoria
Nella nostra esperienza sono altrettanto importanti questi altri giochi di carte che, pur nella loro maggiore semplicità, sono utili non solo per allenare la memoria a breve termine ma anche per accendere, giocando, l’attenzione del bambino, per i tempi a lui possibili. Infatti, uno dei vantaggi di questi giochi rispetto alle versioni dei memory, che ti ho presentato sopra, è che sono meno impegnativi anche in termini di tempo. E’ cioè più facile interrompere il gioco senza che il bambino (o l’adulto) avverta il senso di frustrazione per non aver completato quanto richiesto; è anche semplicemente più immediato il fatto che l’adulto proponga una quantità di carte adeguata alle risorse del piccolo.

VEDO DOPPIO è un gioco Clementoni che al suo interno presenta 40 carte. E’ un gioco molto versatile, secondo me: può essere utilizzato come Dobble (altro gioco utile), e cioè con lo scopo di individuare il soggetto che è presente in due carte di gioco.
Oppure noi più spesso lo usiamo per ricercare nel lato B della carta (e cioè quello su cui sono presenti i tutti i 26 soggetti del gioco) 1 o più soggetti tra quelli raffigurati nel lato A della stessa carta: il bambino osserva il lato A della carta (con raffigurato 1 o più soggetti), poi trova una strategia per memorizzare, e quindi nel lato B della carta, dove sono presenti tutti e 26 i soggetti del gioco, individua il soggetto/i memorizzati.
Naturalmente, come dicevamo prima, per farcela in un gioco di questo genere, apparentemente semplice, è necessario che si attivino diverse abilità del bambino, non solo la memoria.
Questo è uno dei motivi per cui apprezzo questo materiale di apprendimento, usandolo anche come strumento per incentivare l’autodettato di parole, la produzione fonetica-fonologica corretta, per elaborare storie o creare collegamenti, attivare ricordi legati alle immagini stesse, usare abilità logico-matematiche, ecc ecc…

Mysterix è invece un gioco più centrato sull’attivazione di attenzione, capacità esplorative, categorie lessicali e concettuali: scopo del gioco è quello infatti di individuare l’intruso disegnato tra alcuni soggetti presenti.
Uno dei motivi per cui lo usiamo noi è che ci permette di elaborare ragionamenti, brevemente e contestualizzati nell’esperienza vissuta, rispetto alle strategie di esplorazione visuospaziale che i bambini mettono in campo.
E poi si tratta, in ogni caso, di giochi facilmente trasportabili, utili anche nel caso di cene fuori casa o di viaggi in auto o di momenti di attesa in genere, che ci permettono di trascorrere del buon tempo insieme, tra una risate, attenzione cognitiva e una coccola!
Concludendo
Grazie a te che hai letto con attenzione questo corposo articolo.
Spero ti sia stato utile. Magari fammelo sapere nei commenti: il tuo feedback per me è sempre molto importante.
Per aiutarti a memorizzare e comprendere alcuni passaggi importanti rispetto a quanto detto, puoi utilizzare il pdf che lascio anche a tua disposizione: compila il modulo e verrai indirizzato alla pagina del materiale di sintesi schematica che ho creato.

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Expert Teacher, caregiver, sibling
Mi occupo di apprendimento, dei processi cognitivi dell’apprendere e di metacognizione, a servizio soprattutto di chi non si basta da solo cognitivamente.
Lo faccio in ottica neuropedagogica e della pedagogia della mediazione del dott. Feuerstein.
Pingback: Come utilizzare le carte del Memory - Sindrome da Apprendimento
Buongiorno, complimenti per l’articolo. Però noto che viene evidenziata la memoria visiva, mentre poco viene detto degli stimoli uditivi ( solo l’esempio della fiaba sonora, comunque verbale) e nulla della musica. Ascoltare, cantare, suonare e muoversi sulla musica: dal senso-motorio all’elaborazione più astratta…
Chissà perchè a livello pedagogico ci si dimentica della potenza ( anche relazionale, ben più di un memory da tavolo) di questa forma di comunicazione umana.
Ciao Rosita, bentrovata. Il focus che ho scelto di dare a questo articolo verte più su alcuni aspetti di memoria, che non su altri. Sia perché gli articoli di blog hanno una loro lunghezza, sia perché a me sta a cuore arrivare alla quotidianità di quanti più bambini possibili, e quindi le proposte devono essere facilmente fruibili, vicine, e pragmatiche anche rispetto alla didattica… Concordo con te sulla necessità di ampliare il proprio sguardo rispetto gli stimoli uditivi e al sensorimotorio. Ho scelto questo taglio preciso per trattare della memoria per i motivi di cui sopra: concordo sulla potenza della musica e del sensorimotorio al punto che a questi aspetti specifici ho dedicato altre energie in molti altri articoli, e in altre proposte formative disponibili anche nel sito 😉 Dai un’occhiata alla sezione webinar e al blog stesso!
A presto.