Il potere del “locus di controllo”: aiuta il tuo Bambino a focalizzarsi sulle sue possibilità di successo

Essere genitori di un Bambino con disabilità intellettiva comporta molte sfide e momenti difficili: questo è ampiamente risaputo e io lo comprendo direttamente, per esperienza personale. Quando poi a vivere esperienze brutte, quelle che tu reputi “gravi” o forse ingiuste, è proprio il tuo Bambino fragile la faccenda si complica anche dentro di te, e le tue reazioni potrebbero diventare più intense, e per qualcuno addirittura “paralizzanti” o aggressive.

In quanto Genitori, il nostro ruolo, che piaccia o meno, è cruciale sempre nel sostenere nostro Figlio: siamo infatti chiamati a esserci in modo responsabile anche quando le situazioni vissute dal Bambino sono diciamo… “spinose”. Quando andare alle feste di compleanno diventa complicato, quando frequentare il parco non è poi così divertente e riposante, quando fare i compiti potrebbe sembrare una impresa titanica.

Quando capitano degli eventi spiacevoli, il Genitore potrebbe sentirsi sopraffatto e incerto rispetto a come gestire al meglio la situazione “spinosa” capitata al Bambino, e con i suoi comportamenti il Genitore potrebbe addirittura amplificare quel “circolo vizioso” dal quale diventa per tutti impegnativo sottrarsi.

Nella Newsletter del mese di settembre, Germogli di Apprendimento n. 1-2024, abbiamo esplorato alcune strategie pratiche e consigli utili per affrontare insieme a tuo Figlio le esperienze difficili: clicca qua se vuoi iscriverti alla Newsletter per ricevere i prossimi numeri; se, invece, vuoi creare un tuo account gratuito per ricevere oltre la Newsletter anche tutte le risorse gratuite presenti nel sito, clicca qua: account gratuito.

In questo articolo invece, come già promesso, ci focalizziamo su un elemento che è cruciale per il Genitore nel momento in cui vuole sostenere la crescita del proprio Bambino in situazioni altamente sfidanti o “spinose”.

Mi riferisco al concetto di LOCUS OF CONTROL.

Il locus of control è un concetto psicologico che riguarda la percezione che una persona ha circa la fonte di “controllo” degli eventi nella propria vita. E’ un concetto che ho incontrato nel mio percorso di studio e formazione sulla didattica metacognitiva e che, a parer mio, ogni studente dovrebbe conoscere per aumentare le proprie possibilità di successo formativo, poiché è strettamente connesso ad altre dimensioni psicologiche e alla motivazione al compito. In questo articolo ti spiego perché è un concetto importante anche per il Genitore Caregiver (trovi una video lezione “Pillole di formazione” disponibile per la Community in formazione continua che approfondisce questo argomento)

Video lezioni per approfondire – riservate ai corsisti

  1. Locus of control interno: quando una persona ritiene di avere il “controllo” sugli eventi grazie alle proprie azioni, sforzi e decisioni; quando cioè si ritiene di avere la possibilità di influenzare fortemente quel che ci capita, di impattare positivamente/negativamente sugli eventi della propria vita.
  2. Locus of control esterno: quando una persona percepisce che gli eventi della sua vita sono influenzati da fattori esterni come il destino, la fortuna o le altre persone.

Questa due prospettive fanno una differenza enorme anche nel modo in cui i Caregiver affrontano le sfide quotidiane e le difficoltà legate al prendersi cura di un Bambino con disabilità: un Genitore che ha un “locus” interno ha pensieri, emozioni, sentimenti e comportamenti differenti dal Genitore che ritiene che poco o nulla possa fare rispetto a quel che è capitato al proprio Bimbo.

Quando sviluppi un locus of control interno, ché se non lo hai puoi ancora maturarlo, credi di essere in grado di influenzare i risultati vissuti attraverso le tue azioni. Significa perciò anche che senti di poter influenzare il benessere del tuo Bambino attraverso le tue decisioni quotidiane, nonostante la tua realistica consapevolezza che non tutto dipende da te (le scelte degli altri, i tempi di apprendimento del tuo Bambino, ecc) e non tutto possa essere realmente come vorresti (cancellare per esempio la condizione di disabilità).

Facciamo alcuni esempi per capirci meglio: immagina che il tuo Bambino abbia una terapia settimanale, per esempio la seduta di logopedia o di neuropsicomotricità individuale, e che a te, a un certo punto, dopo alcuni mesi di terapia, sembri che non ci siano progressi visibili. A un certo punto ti senti frustrato per questo tipo di constatazione. Ora, il Genitore che ha un locus of control esterno -le cose cioè non dipendono da lui- si dirà: “Non c’è nulla che io possa fare. Se la terapia non funziona, non dipende certo da me e io non posso cambiare le cose. Bisogna accettare il corso degli eventi” oppure si dirà: “Che sfortunati siamo noi, queste terapie non funzionano su di lui”.

Il Caregiver che, invece, vive con uno stile di locus of control interno potrà pensare: “Questa situazione non mi piace. Cosa posso fare? Posso parlare con il terapista per capire meglio cosa sta succedendo, per conoscere il suo punto di vista sul processo di sviluppo del mio Bambino. Posso informami magari e scoprire che in qualche modo potrei sostenerlo a casa, potrei anche chiedere a altri Genitori se ci sono altre tecniche o altri metodi che potremmo provare anche noi…”

Un altro esempio: ti racconto la storia di Maria. Maria è una mamma caregiver di Carlo, un Bambino di 7 anni con disabilità intellettiva e difficoltà sensoriali. Carlo si sente facilmente sopraffatto durante le attività sociali, come ad esempio le feste di compleanno, gli eventi scolastici e al parco quando incontra altri bambini non noti. Quando si trova in ambienti affollati o rumorosi, facilmente manifesta crisi emotiva, arrivando a piangere e a isolarsi. Ogni volta che Carlo e la sua mamma Maria ci provano a stare in queste situazioni, mamma Maria si trova a dover gestire crisi di pianto e “sceneggiate” improvvise di Carlo, il che rende questi momenti, (potenzialmente utili) molto stressanti per tutti: per la mamma, per il Bambino ma anche per gli altri Bambini che non comprendono appieno le difficoltà di Carlo e che, nel tempo, cominciano ad escluderlo.

Mamma Maria con locus of control esterno vive una profonda sensazione di impotenza. Maria potrebbe interpretare questa situazione pensando che nulla possa essere fatto per migliorare la situazione e credendo che le circostanze siano fuori dal suo raggio di azione, che gli eventi che vive con Carlo siano determinati da fattori esterni come la sfortuna della disabilità, la presenza fortunata di pochi e noti bambini. Mamma Maria potrebbe anche pensare: “Carlo non sarà mai a suo agio in situazioni simili, è troppo difficile per lui. Gli altri bambini non lo capiscono e non cambieranno mai il loro atteggiamento. Non posso fare nulla per migliorare la situazione, quindi è meglio evitare questi eventi. Non andremo più a nessuna festa di compleanno!” .

Dunque, i Caregiver con locus of control esterno sentono mancare la possibilità di impattare positivamente sulle situazioni vissute, e accettano passivamente che gli eventi prendano il sopravvento. A volte sono portati a pensare che i problemi potrebbero risolversi da soli o che non valga ala pena impegnarsi molto perché tanto le cose andrebbero male lo stesso. Insomma: pensano di non potere nulla sulle cose della loro esperienza genitoriale. E tutto questo va a amplificare il livello di stress vissuto.

Ora immagina sempre mamma Maria però con locus of control interno: Maria potrà comunque vivere in uno stato di tensione quando partecipano a questi eventi. Tuttavia, invece di rinunciare a queste occasioni, Maria deciderà di adottare un approccio proattivo e quindi comincia a chiedersi: “Io, mamma Maria, cosa posso fare per aiutare il mio Bambino?” Maria si concentra su ciò che può “controllare”, invece di sentirsi impotente di fronte alla situazione. Comincia quindi a focalizzare le proprie energie sugli elementi dell’ambiente esterno e sugli aspetti interni alla persona del suo Bambino rispetto ai quali lei può avere realmente un impatto positivo. Sa che non può eliminare del tutto le difficoltà di Carlo e nemmeno può controllare o modificare tutti gli elementi dell’ambiente che disturbano Carlo (mica possiamo decidere quanti bimbi ci saranno al parco, quanto urlano, o il volume delle casse alla festa). Ma Maria comprende che può prepararsi e mettere in atto strategie per rendere queste esperienze più gestibili e positive. Maria infatti decide di chiedere esplicitamente alla scuola una collaborazione rispetto al volume delle casse audio; di condividere con le mamme del parco qualche caratteristica di Carlo in modo da agevolare le interazioni sociali del suo Bambino e di preparare Carlo in anticipo per gli eventi sociali. Prima di andare a una festa di compleanno, per esempio, gli parla dell’evento con giorni di anticipo, spiegandogli cosa succederà e cosa aspettarsi. Utilizza immagini, video, libri per l’infanzia, o storie sociali, per aiutarlo a comprendere meglio l’ambiente e le dinamiche della festa. Ad esempio, gli mostra foto di altre feste o video brevi in ​​cui si vedono bambini che giocano, mangiano la torta, e cantano insieme. Questo rende l’esperienza più prevedibile per Carlo.

Forse conosci già la risposta, d’altra parte io te lo ripeto continuamente: il modo in cui tu, Adulto di riferimento, ti relazioni al tuo Bambino, il modo in cui lo educhi, giorno dopo giorno, impatta fortemente sul suo sviluppo. Il prof. Oliverio lo riassume in modo eccellente così: l’educazione dà forma al cervello.

Sviluppare infatti un focalizzazione esterna o interna alla propria persona rispetto agli eventi capitati, ovvero un locus of control esterno o interno al proprio sé, non solo impatta in modo significativo sulle dimensioni della nostra (di adulti) autostima e autoefficacia, sulla nostra strategicità, e quindi sulla motivazione che ci muove, appunto, al sostenere (so-tenere) una esperienza di genitorialità complessa, ma impatta anche su quel che noi pensiamo del nostro Bambino con fragilità cognitiva, e perciò su quel che lui crederà di sé stesso.

Te lo spiego più concretamente attraverso due storie.

Francesco è un bambino di 10 anni con una importante difficoltà a concentrarsi. Ha sempre faticato a tenere il passo con i suoi compagni a scuola e, ogni volta che si siede per fare i compiti, si sente frustrato e abbattuto. Sua mamma, Laura, lo aiuta spesso con i compiti: i pensieri – le parole – l’atteggiamento e il comportamento della madre influenzano direttamente come Francesco percepisce le proprie capacità. Mamma Laura è una mamma molto attenta, ma a volte si sente impotente davanti alle difficoltà di Francesco. Pensa che i problemi di suo figlio siano qualcosa che lei non può cambiare, e che siano legati alla condizione di disabilità del Bambino. Ecco come agisce e come questo influenza Francesco:

  • Atteggiamento di mamma Laura:
    Laura dice spesso: “Non è colpa tua, Francesco, la scuola è troppo difficile per te. La tua disabilità ti rende le cose impossibili.”
    Ogni volta che Francesco si blocca su un conto di matematica o non riesce a concentrarsi, Laura interviene subito, risolvendo per lui i compiti perché crede che non abbia senso insistere o chiedere a Francesco di sforzarsi così tanto, ritenendo in fondo che Francesco non abbia le capacità per riuscire a farcela da solo.
  • Impatto su Francesco:
    Francesco inizia allora a interiorizzare il messaggio che non è in grado di superare le sue difficoltà da solo. Quando la mamma gli dice che purtroppo la sua disabilità è il motivo per cui non riesce e che non c’è molto da fare, Francesco ci crede e si convince che non c’p nulla che possa fare per migliorare. Quindi si innesca un circolo (viziato) per cui il Bambino evita sempre più i compiti, preferendo non provarci nemmeno perché sa già che fallirà. Si sente meno capace degli altri e la sua autostima cala drasticamente. Dal momento che la sua mamma interviene sempre, Francesco perde fiducia nelle sue capacità e dipende sempre di più dagli altri per risolvere qualsiasi situazione.

Ora, immaginiamo che Laura decida di iscriversi alla Community in formazione continua e che così cambi atteggiamento, sviluppando un locus di controllo interno. Invece di considerare le difficoltà di Francesco come un destino immutabile, comincia a concentrarsi su ciò che lei e Francesco possono fare per migliorare la situazione.

  • Atteggiamento di mamma Laura:
    Laura inizia a dire: “Francesco, so che questa cosa è difficile, ma insieme possiamo trovare delle strategie per superarla. Proviamo a riflettere su come possiamo affrontare questo problema in un modo diverso? Sei pronto per provarci insieme? Posso aiutarti, ci stai?!”
    Quando Francesco si blocca, Laura non gli fornisce subito la risposta. Piuttosto, lo incoraggia a focalizzare piccoli passi sostenibili, e a non smettere di cercare una soluzione. Se Francesco si frustra, Laura gli ricorda che anche fare piccoli progressi è un successo e lo incoraggia a continuare.
  • Impatto su Francesco:
    Francesco inizia a percepire le sue difficoltà come sfide, e non come ostacoli insormontabili o come occasioni per essere giudicato. Sente che la sua mamma crede in lui realmente e nelle sue possibilità di miglioramento. Inizia a sperimentare attraverso fatti concreti di avere la possibilità di impattare positivamente su almeno alcune delle situazioni difficili che affronta. Ogni piccolo successo che la mamma gli media – come anche solo risolvere un esercizio da solo o riuscire a concentrarsi per qualche minuto in più – lo fa sentire più competente e rafforza la sua fiducia in sé stesso. Anche se non diventa subito bravissimo, la sua mentalità cambia e questo innesca un “circolo virtuoso”: “Non sono la mia disabilità. Posso fare qualcosa per migliorare e imparare!”.

Il locus of control gioca un ruolo cruciale nella crescita e nello sviluppo di ogni individuo; e il tuo, di te che sei il suo Genitore, impatta anche sulla vita di tuo Figlio.

Un locus di controllo interno nel Genitore non solo incoraggia il Figlio a cogliere le sfide come opportunità di crescita, ma si offre anche come un modello di resilienza e autodeterminazione. Quando i Genitori credono nel potere di cambiare le situazioni e si assumono la responsabilità del proprio apprendimento e delle proprie emozioni, trasmettono questa mentalità ai loro Figli. Ciò significa che i Bambini, a loro volta, possono imparare con più probabilità a percepirsi come agenti attivi nelle loro vite, capaci di influenzare il proprio destino, piuttosto che semplici vittime delle circostanze o delle condizioni di disabilità. Al contrario, un locus di controllo esterno può portare una percezione di impotenza e dipendenza nei Bambini, aumentando il livello di stress del singolo così come di tutto il gruppo Famiglia. Se i Genitori vedono le difficoltà come ineluttabili e al di fuori del loro raggio di azione, i Bambini di conseguenza possono sentirsi sopraffatti dalle proprie limitazioni e rinunciare a provare, riducendo ulteriormente la loro autostima, la motivazione e le probabilità di successo formativo.

La qualità della presenza di ogni Genitore per ogni Figlio è determinante: dovremmo riflettere attentamente su come le nostre convinzioni e atteggiamenti (tra cui la dimensione del “locus of control”) influenzano il modo in cui i nostri Figli affrontano le (loro) sfide.

Un’autovalutazione regolare del tuo locus di controllo potrà aiutarti a identificare aree di miglioramento possibili.

Inoltre per il Bambino un locus di controllo interno, o comunque equilibrato, può avere implicazioni significative non solo nel suo percorso educativo, ma anche nella sua vita personale e professionale futura. I Bambini che sviluppano un atteggiamento pro-attivo e che concepiscono le proprie azioni come fattori chiave nel determinare i risultati della loro vita tendono a sviluppare più facilmente altre abilità importanti, come ad esempio la resilienza e un’attitudine metacognitiva.

Se vuoi approfondire questi aspetti o saperne di più, puoi:

Rachele Nicolucci: qualcosa su di me.

Mi occupo di apprendimento, dei processi cognitivi dell’apprendere e di metacognizione, a servizio soprattutto di Genitori e Docenti di un Bimbo che non si basta da solo cognitivamente.
Lo faccio in ottica neuropedagogica, metacognitiva e della pedagogia della mediazione del dott. Feuerstein.

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Perché i bambini sono ciò che li aiutiamo a diventare.
– Prof.ssa Daniela Lucangeli

Con cura,
Rachele Nicolucci
Formatrice, docente, mamma caregiver e sibling
Ideatrice di Sindrome d’Apprendimento

Insieme per un futuro migliore, un giorno alla volta.

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