Necessità educative.
L’importanza del gesto grafico nell’insegnamento della scrittura.
Articolo numero 4 Rubrica “Tra metacognizione e divertimento”
Melisa Savoia, psicologa dell’età evolutiva, educatrice servizi prima infanzia.
Rachele Nicolucci, insegnante di lettere SS1G, mediatrice Feuerstein, mamma, autrice di “Sindrome da Apprendimento”.
Scrivere a mano è un’arte, un’antichissima arte che risale agli scribi egizi e che è stata trasmessa nel corso dei secoli, per la sua efficacia comunicativa.
(Alessandra Venturelli, Dal gesto alla scrittura, Murgia).
Premessa
Imparare a scrivere è certamente un’arte e al bambino che la apprende richiede uno sforzo notevole.
Si tratta di un processo non propriamente spontaneo, cioè apprendiamo a scrivere seguendo delle precise regole che dobbiamo imparare, generalmente durante i primi anni di vita, e il percorso di apprendimento si realizza anche attraverso la maturazione di alcuni elementi di neuropsicomotricità. Quindi: il bambino deve essere pronto!
Imparare a scrivere comprende infatti l’apprendimento del gesto grafico, la dimensione ortografica, lessicale, sintattica e contenutistica. Sono tutti aspetti integrati e complementari. Spesso però, anche a scuola, viene trascurato proprio l’insegnamento del gesto grafico, e la scrittura viene considerata quasi alla stregua di una sequenza di forme da copiare. Generalmente non si dà importanza (o forse non la si riconosce e comprende) ai processi cognitivi che riguardano il processo di scrittura e al percorso grafico compiuto dal bambino per ottenere un certo risultato (la forma della lettera scritta).
Quindi imparare a scrivere, impresa faticosa per ogni piccolo discente, risulterà ancora più ardua per “quegli alunni che, o per carenza di prerequisiti o per difficoltà nel trovare autonomamente utili strategie compensative, non riescono a superare da soli gli scogli iniziali, per cui maturano, invece di una scrittura sempre più sicura e sciolta, una grafia sempre più illeggibile, lenta, faticosa” (Venturelli, 2004).
Scrivere non è uguale a parlare e nemmeno al leggere: scrittura e lettura si differenziano ad esempio per il sistema rappresentativo delle lettere. La lettura si basa sul riconoscimento di forme, la scrittura sull’evocazione (Serratrice/Habib, 1993), che devono essere ben chiare nella nostra mente.
Ogni unità dell’alfabeto ha in sé però una componente acustica, il fonema, ovvero il suono che associamo a quella lettera specifica, e una componente visuo-spaziale, il grafema, ovvero la forma grafica che associamo a quella stessa lettera.
Quindi in un certo senso le attività per imparare a leggere possono intrecciarsi, o semplicemente rimandare, a quelle per imparare a scrivere, supportandosi.
Facciamo esperienza di motricità del gesto di scrittura fin da piccolissimi: quando il bambino si approccia allo scarabocchio (qualche spunto in questo articolo: qua), inizia il suo personale percorso di apprendimento della scrittura. Lo scarabocchio è una delle prime possibilità che il bimbo ha per lasciare traccia di sé e per lo più viene effettuato per il puro piacere di realizzare movimenti con la mano, di sperimentare e di esprimersi.

Alcune delle sue caratteristiche sono: l’impulsività del gesto, la mancanza dell’appoggio del gomito sul foglio e il non rispetto dei margini del supporto grafico.
Crescendo il bambino e compiendo altre esperienze psicomotorie, impara a muovere maggiormente l’avambraccio…
le linee diventano più curve, l’impugnatura diventa digitale e l’occhio inizia a guidare il movimento della mano. Questa abilità di coordinazione occhio-mano (che i bambini allenano fin da neonati) sarà utilissima per riuscire a tracciare i cerchi, ad esempio.
Man mano che il piccolo cresce, farà ulteriori esperienze di abilità percettive e di motricità. Così a tre anni si approda, generalmente, a un disegno stilizzato dell’uomo (uomo girino) e, a partire da un modello mentale di un certo oggetto, i bambini cominciano a disegnare, a rappresentare graficamente il proprio mondo.
Disegnare è un’attività preparatoria alla scrittura, così come il colorare (del nostro percorso per imparare a colorare dentro i bordi abbiamo detto in questo articolo: qua).
Nello stesso periodo si può anche approdare a grafismo scritturale: uno scarabocchio che imita la scrittura; che poi sarà intervallato dalle lettere che si conoscono e che si è in grado di riprodurre.

Per trattare di questo argomento che suscita sempre molto interesse e che è tanto importante quanto delicato e complesso, ovvero quello della realizzazione della grafia, ci avvaliamo del contributo della dottoressa Melisa Savoia, psicologa dell’età evolutiva. Di seguito le spiegazioni e suggerimenti della dott.ssa Savoia, intervallati da alcune nostre considerazioni ed esperienze.
Partiamo da… dall’inizio!
Per apprendere a scrivere è necessario che il bambino abbia acquisito alcune abilità di base, come quella di analizzare visivamente le caratteristiche di ciascuna delle lettere impiegate nella nostra lingua e di concentrare su questi aspetti la sua attenzione.
Le funzioni visive includono non solo la memoria e l’analisi della configurazione della parola, ma anche quelle abilità specifiche di attenzione visiva spaziale che consentono di elaborare le singole lettere nella sequenza in cui compongono la parola, costituendo il punto di partenza del processo della lettura e della scrittura.
Sono molte le attività che si possono proporre ai bambini per potenziare le funzioni non verbali, considerate prerequisiti alla scrittura. Di grafomotricità e spunti di attività relative parliamo in questo articolo.
Tra queste ci sono le cosiddette funzioni visuo-spaziali, che, utilizzando il canale sensoriale visivo, permettono di processare alcune informazioni (es. colore, forma), assegnando all’immagine percepita un preciso significato. Qualora il bambino avesse difficoltà in questo ambito, gli potrebbe risultare difficile copiare un disegno, organizzare un gesto grafomotorio, organizzare la spazialità del foglio, mantenere una certa linea di scrittura, leggere, ricercare visivamente degli elementi, ecc… In ogni caso, risulta importate potenziare nei bambini, soprattutto quelli che si preparano a scrivere, capacità di esplorazione visiva, di percezione spaziale, potenziare il pensiero spaziale (es immaginare di fare ruotare un oggetto), abilità visuo costrutttivo. Con questo video condividiamo qualche idea di attività di potenziamento visuo-spaziale-costruttivo con cui ci divertiamo noi! Trovi qualche spunto di materiale e giochi utile per allenare le abilità visuospaziali in questo articolo: qua.
In una prospettiva educativa, i
primi passi del bambino in questo percorso sono:
- Familiarizzazione con il materiale alfabetico visivo.
- Riconoscimento e identificazione delle caratteristiche visive delle lettere.
- Analisi delle caratteristiche distintive.
- Composizione della parola.

Dunque, quello che dapprima abbiamo proposto a Samuele è stato la familiarizzazione con le lettere dell’alfabeto in una dimensione piacevole, ludica e… tridimensionale: esplorabile non solo con gli occhi ma anche con le manine!
Abbiamo prediletto lo stampato maiuscolo e quindi: letterine di legno, letterine di plastica, magnetiche, letterine di cartone ben sagomate, letterine “fai da te”.
Il bambino deve manipolare informazIoni e abilità
Per ogni letterina, lettera dopo lettera, abbiamo dunque creato dei giochi per favorire la focalizzazione e l’esplorazione tattile delle caratteristiche percettivo-visive di ciascuna lettera, proprietà e peculiarità di ogni forma alfabetica. Queste caratteristiche grafiche e senso motorio naturalmente risulteranno al bambino tanto più evidenti quanto più le lettere saranno tridimensionali e tattili!
Questa prima fase, che ha come obiettivo quello di essere occasione per il bambino di manipolare informazioni e abilità in autonomia, inoltre risulta utile anche per potenziarne le attività di riconoscimento e di identificazione visiva in modo sistematico, favorendo l’attività di lettura più tradizionalmente intesa.



Sono tappe fondamentali queste iniziali e richiedono pazienza, accoglienza e creatività: infatti, per alcuni bambini, potrebbe risultare non facile distinguere una P da una B o dalla D, oppure si potrebbe creare confusione tra coppie di lettere affini visivamente come F-E, M-N, V-U, q-p, b-d, …
Ricordiamoci che è sempre necessario favorire un appassionarsi alle lettere e offrire strategie per risolvere difficoltà che potrebbero emergere.
Cosa favorire
Il bambino deve essere quindi abituato a una attenta, lenta, minuziosa e sistematica esplorazione delle forme, ed essere favorito nel suo lavoro di memorizzazione ed evocazione successiva, per poterle appunto recuperare e usare (scrivere) in modo autonomo e funzionale al momento opportuno e in ogni contesto. Per questo presentiamo ogni singola lettera abbinandola a un’esperienza molto significativa, che resti ben impressa nella mente del bambino: P di Pinocchio, A di Ape, …
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Cosa ci stiamo inventando
Risultano perciò essere particolarmente indicate tutte quelle attività che richiedono al bambino di completare disegni (tratteggio) di incollare (legumi, pezzi di carta, tessuti, …) lungo linee tratteggiate, ricerca di una lettera target all’interno di una parola data, giochi fonologici (individuazione delle prime due lettere iniziali e ultime due lettere finali di una parola data).
Tutto questo potrà bastare?
Tutto questo fin qua servirà solo per insegnare forme. Il contenuto della forma alfabetica.
Insegnare come scrivere è anche altro.
Scrivere, non solo copiare forme
Scrivere è un’arte, difficile da imparare.
Come insegnare allora ai bambini a diventare competenti e non semplicemente degli imitatori di forme?
Noi stiamo tentando di rendere il nostro bambino, e iniziamo anche con il suo fratellino di 19 mesi, consapevole di ciò che compie. Anche dei suoi gesti grafomotori.
Anche in questo caso, ci è sembrato di essere più preparati, per tradizione scolastica, sul cosa volessimo lui imparasse – quali contenuti cioè (le lettere, grafemi e fonemi) -piuttosto che sul come potesse impararli. Ci siamo dati da fare e anche in questa il metodo Feuerstein ci è da supporto!
Inoltre, vivere anche questa avventura dell’imparare a scrivere in una dimensione dal gusto metacognitivo ha certamente dei vantaggi per il bambino in quanto a consapevolezza e motivazione!
Più che allora proporre lavori di ricalco o di copiatura di lettere, che servono a imitare forme già confezionate da altri, abbiamo proposto per molto tempo lavori tramite cui fare esperienza consapevole del gesto grafomotorio, attraverso una serie di atti motori anche utili alla realizzazione delle lettere in stampatello maiuscolo.
Su qualsiasi superficie. Ogni occasione è valida. Ogni materiale e strumento grafico è una buona occasione.
L’obiettivo?
Rendere Samuele consapevole di quello che combinano le sue mani, spalla, gomito, avambraccio, dita, osservando attentamente il movimento proprio e altrui.
Abbiamo proposto diverse attività ludiche con oggetti tridimensionali che gli permettessero di fare esperienza di motricità degli arti superiori; poi proposto attività di grafomotricità: dapprima concentrandoci su punti e linee, poi prendendo spunto da lavori di organizzazione di punti nello spazio, realizzando quindi figure.
In questa fase Tullét ci ha ispirato molto!
Inizialmente abbiamo usato dei fogli a4 bianchi, senza quadretti o righe, per imparare i gesti più semplici: punti e linee.
Punti e linee di tutti i tipi, in tutte le direzioni, di tutte le lunghezze e grossezze.
In una seconda fase del percorso, dopo aver lasciato piena libertà di sperimentazione, volendo iniziare un lavoro sulla classica pagina scolastica, abbiamo optato per i fogli a quadretti da un cm.
Poiché il mio bambino è mancino, sulla destra della pagina tracciavo il mio lavoro (sempre in sua presenza perché le mie azioni motorie fungessero da “modello”), così che lui potesse continuare a guardarlo finché lavorava sulla parte sinistra della pagina. Oppure io lavoravo nella pagina di destra e lui in quella sinistra!

Riassumiamo fin qua:
- Foglio bianco
- Divido la pagina in due parti, una per il bambino e l’altra per me
- Spiego al bambino il gioco: la mamma gallina deve ritrovare i pulcini. Come farà? – i giochi/storie corrispondono cioè alla tipologia di gesto grafico che desidero proporre, nel nostro caso: inizialmente, in preparazione di alcune lettere in stampatello maiuscolo vicini alla A.
- Troviamo delle soluzioni e le diciamo a voce e segnando il percorso con le dita sul foglio.
- Tracciamo sul foglio il percorso, io nella mia parte e lui nella sua. (Quando la mia partecipazione grafica non sarà più necessaria, non dividerò più la pagina in due parti.)
- Finché lavoro, gli spiego cosa sta facendo la mia mano: descrivo il mio gesto grafo motorio.
- Invito il bambino a percorrere con il suo dito, guardando bene con gli occhi, il percorso che intende tracciare con il suo strumento grafico, prima di lasciare un segno sul foglio.

8. Il bambino traccia il segno!
Impugnatura
Rispetto all’atto grafo-motorio la sua corretta esecuzione passa attraverso il rispetto dei seguenti principi:
Primo principio educativo è la corretta presa dell’attrezzo grafico.
Il primo dito è quello che ha un maggior numero di neuroni motori rispetto alle altre dita; il secondo dito è quello che ha il maggior numero di neuroni sensitivi.
Precursore della corretta presa è quindi la prensione a pinza, schema che, generalmente, nel caso di bambini che non fanno fatica (a sviluppo normotipico), nasce spontaneamente a circa 9-12 mesi di vita e che determina quindi la capacità di utilizzare in maniera selettiva le dita.
I vari tipi di prensione dello strumento grafico:
A 3 dita statica: anulare e mignolo si uniscono al medio in un blocco statico.
A 3 dita con appoggio sull’anulare: se il bambino riesce a renderla dinamica è funzionale.
A 4 dita con appoggio sul mignolo.
Il secondo principio è il rispetto della laterizzazione. Il processo di lateralizzazione è determinato dagli emisferi cerebrali, mentre la lateralizzazione somatica è l’aspetto periferico. I due emisferi presentano differenze organizzative, morfologiche e funzionali.

Il secondo principio è il rispetto della laterizzazione. Il processo di lateralizzazione è determinato dagli emisferi cerebrali, mentre la lateralizzazione somatica è l’aspetto periferico. I due emisferi presentano differenze organizzative, morfologiche e funzionali.
L’emisfero sx assume competenze logiche e senso motorie più complesse, mentre l’emisfero dx assume una relazione prevalente con il sé corporeo per l’aspetto affettivo del comportamento.
Il circuito motorio della scrittura coinvolge le aree prefrontali e l’area parietale. Per quanto riguarda l’area prefrontale troviamo il coinvolgimento della corteccia premotoria (deputata alla preparazione del movimento) e la corteccia motoria ( responsabile dell’esecuzione).
Per quanto riguarda l’area parietale troviamo invece il coinvolgimento delle relazioni spaziali che determinano il corretto utilizzo dello spazio attraverso il foglio.
Il terzo principio è di carattere organizzativo ed è quello di permettere e consigliare di tenere il quaderno orientato a sinistra ( 30°-45°) per l’uso della mano destra e orientato a destra (30°-45°) per l’uso della mano sinistra. Questi orientamenti del quaderno escludono schemi più impegnativi e di maggiore dispendio di energie proprio nelle fasi di apprendimento.
Di questo noi abbiamo parlato in un precedente articolo sul pregrafismo e il colorare: clicca qua per leggerlo.
Strumenti bibliografici utili, suggeriti
- A. Venturelli, Dal gesto alla scrittura, Mursia. 👉🏼Link Amazon: qua.
- H. Tullet, La cucina degli Scarabocchi, L’Ippocampo. 👉🏼Link Amazon: qua.
- P. Fantuzzi e S. Tagliazucchi, Laboratorio grafo–motorio, Erickson. 👉🏼Link Amazon: qua.
- H. Tullet, Pallini Pallini, Franco Cosimo Panini. 👉🏼Link Amazon: qua.
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